Questa favola ispirata ai quadri dell'artista Antonio Alberto Malendze è stata scritta a quattro mani (Laura Scalvenzi, Riccardo del Barba, Alberto Vanoglio e Miriam Martini) e interpretata il 13 ottobre 2013 con musiche e ritmi di Francesco Acri.
C'era una volta un villaggio africano, pieno zeppo di capanne, capanne fatte di terra, costruite col legno e coperte di paglia. Piccole e grandi, vicine e distanti. Una sopra l'altra e tutte piene di sole.
Il villaggio, pieno di capanne, era abitato da tantissime persone. Erano persone molto unite e tra tutti regnava grande armonia: una comunità composta da uomini e donne, giovani e vecchi, bambini e bambine.
Nel villaggio abitava un bambino che aveva un incarico molto importante: andare a raccogliere l'acqua. Tutti gli adulti lo seguivano con attenzione per il suo compito così vitale per il villaggio.
Cosi ogni giorno Majimbombo prendeva un otre, lo posava sulla testa e si incamminava...
Camminava, camminava, camminava... il villaggio era distante dall'acqua... camminava, camminava, camminava, finché raggiungeva un pozzo, anzi il pozzo. L'unico pozzo, sempre affollato. Per questo doveva mettersi in coda e con pazienza aspettare il proprio turno per prendere finalmente l'acqua.
Un giorno tornando a casa con il suo carico prezioso e pesante, che lo faceva un po' barcollare, incontrò una donna, anche lei con un carico prezioso e pesante e anche lei barcollava un po'. Il carico della donna era il suo enorme pancione con un piccolo bimbo al suo interno. La donna era in cammino verso l'ospedale, accompagnata dai suoi figli, perché doveva partorire e stava un poco soffrendo.
Il bambino voleva aiutarla. Pose l'otre vicino alla donna e subito corse dalla saggia anziana del villaggio per chiederle consiglio. Talìta, così si chiamava l'anziana donna a capo del villaggio, sapeva sempre qual era la cosa giusta da fare.
Talìta non aveva dubbi e seppe subito la cosa migliore da fare: chiamò dei musicisti per aiutare la giovane donna. I musicisti si avvicinarono alla mamma che stava per partorire ed era sempre più affaticata. Cominciarono a suonare e dai loro strumenti, il birimbau e il flauto, uscirono dolci note che subito alleviarono quel difficile momento.
La musica coinvolse la donna, poi l'anziana, i bambini e tutte le persone accorse ad aiutare. Si creò un grandissimo vortice che coinvolse tutti i presenti. L'atmosfera era davvero magica. Una nuova vita stava per nascere.
Il sole cominciò a tramontare e a tingere di rosso il cielo e la terra. Arrivarono il medico e le sorelle della giovane, l'accompagnarono con gentilezza in un piccolo capanno e lì l'aiutarono a partorire, mentre fuori tutte le persone aspettavano con il fiato sospeso...
Finalmente un pianto di un bambino ruppe il silenzio e l'attesa. L'acqua che aveva portato Majimbombo servì per fare il primo bagnetto al nuovo arrivato.
La donna era felice. Prese il suo piccolo e si mise a danzare la marrabenta, la famosa danza mozambicana ballata nelle grandi occasioni, l'ideale per festeggiare.
Tutti tornarono al villaggio, dove la tribù organizzò una grandissima festa di ringraziamento per il prezioso evento! E danzarono, danzarono, danzarono... finché la luna prese il posto del sole nel cielo. E poi... erano stanchi, ma continuarono a danzare. Una nuova vita era nata. Si meritava una grande festa!
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