Cerca nel blog

venerdì 25 ottobre 2013

A Mali estremo, il rimedio è conoscerlo

Articolo del febbraio 2012


L’esperienza di Padergnone nel Corno d’Africa è prossima a ripetersi

A dicembre la comunità di Padergnone, rappresentata da alcuni suoi membri, ha soggiornato per tre settimane nella Repubblica del Mali, in Africa occidentale, inserendosi in quello che è un progetto importante del Gruppo Africa, una realtà di Odolo arrivata in zona franciacortina grazie al contributo
di don Duilio, nuovo parroco di Padergnone.
L’accoglienza all’incontro fa subito assaggiare il clima informale del gruppo e il don propone un band in francese (lingua parlata in Mali) sulle note della Carrà, mostrando a tutti i partecipanti uno spaccato delle attività, che li aspetta in Africa. Il ghiaccio è subito rotto, ci mettiamo in cerchio e ciascuno è invitato a scrivere le ragioni che lo spingono a fare l’esperienza africana. I biglietti vengono raccolti.
Andrea racconta l’esperienza africana, rispondendo alla piccola provocazione lanciata dal don «“In Africa non facciamo nulla”. Non è vero che non facciamo nulla, facciamo la cosa essenziale e più importante: costruiamo rapporti con le persone». «Certo» continua Andrea Da Padergnone a San c’è una distanza di circa 7.000 Km «non è una finalità materiale quella che portiamo avanti, ma andare, conoscere, giocare se stessi nelle relazione, vivere con chi ci accoglie, stare con loro, condividere gli ideali è la cosa più grande che possiamo fare».

Primi approdi alla cultura maliana

Andrea, “l’esperto di Africa” come lo definisce don Duilio, ci racconta dell’affascinante cultura maliana. Ci spiega che il Mali è abitato da molte etnie diverse, anche se fisicamente molto simili tra loro, identificate dall’attività produttiva che compiono e da cui deriva tutta la cultura.
Il gruppo europeo in visita risiede vicino a San, una cittadina a sud del Mali, poco lontana dal confine con il Burkina Faso, presso l’etnia Bou, popolo dedito all’agricoltura, particolarmente ligio al lavoro. I Bois sono quindi molto legati alla terra e tutte le usanze, i riti e i culti fanno riferimento alla terra e alla
pratica agricola, ma ci avverte Andrea «È impossibile per lo straniero vedere le pratiche religiose». I Bois, infatti, sono molto gelosi e riservati del loro culto e non mostrano all’esterno i riti, se non solo alcuni specifici, come quello dell’accoglienza, durante il quale i visitatori sono accolti dalla popolazione
che indossa copricapi particolari, abiti fatti di reti e rivestiti di sonagli, che fanno di ogni movimento
di danza suoni e ritmi, che amplificano la musica suonata per il rito.
Andrea racconta come i visitatori vivono l’incontro con una cultura molto diversa, benché mediata dalla religione cattolica, accolta da molto tempo dalla popolazione Bou, al contrario del resto del Mali, dove la religione più diffusa è l’Islam. 

Il rito Sanchemon

Il rito Sanchèmon mi colpisce molto: è praticato presso una palude che i Malesi chiamano lago Amar Sanchè. Il rito serve per promuovere la concordia tra le diverse etnie che popolano il Mali, una delle poche regioni africane in cui regna una convivenza pacifica in un crogiolo di credo e culture diverse.
Tutti i popoli infatti fanno riferimento al concetto di Sinanchià, un’espressione intraducibile, per la quale Andrea ha una sua traduzione “aver imparato a convivere pacificamente anche prendendosi in giro” (parafrasato ndA). I Maliani usano deridersi tra etnie per prevenire i conflitti, una specie di valvola di sfogo, che consolida le relazioni tra culture differenti.
Andrea spiega che ci sono tante altre riflessioni che si possono fare sulla cultura maliana e africana in generale, ma il tempo stringe. 

Le ragioni di un viaggio in Africa

Il don fa recuperare i biglietti scritti all’inizio, si rileggono e si commentano alla fine si condividono insieme. Ciò che spinge molti a intraprendere l’esperienza africana è la curiosità di incontrare un mondo lontano e assolutamente diverso dal nostro.
Qualcuno aggiunge un desiderio di crescere interiormente attraverso l’incontro e qualcuno suggerisce che il primo scopo deve essere quello di incontrare le persone, l’incontro con la cultura della persona è successivo, il primo passo è personale. Si conclude con un monito di don Duilio che parla del “mal d’Africa”, quella grande nostalgia che prende chi ne fa esperienza, «L’Africa ti entra dentro e ti esce anche fuori!» usa queste parole per spiegare che quando si vive un’esperienza simile la si trasmette, se ne diventa testimone, contribuendo a una nuova concezione di Africa, non miserabile e oscura, ma vitale e accogliente.

1 commento:

  1. Ringrazio il gruppo African Art Gate per la correzione da "malese" al corretto "maliano", in particolare a Riccardo Del Barba.

    RispondiElimina