Articolo scritto il 24 marzo 2010 per il Convegno Educatori "Tra il dire e il dare", riportato qui in memoria di Romano Damiani.
La povertà torna al centro dell’attenzione per l’Azione Cattolica, già protagonista nella riflessione di giovanissimi e giovani durante il mese della pace. Il tema infatti offre diversi spunti di riflessione e risveglia l’attenzione specie nell’attuale situazione economica che ci troviamo ad affrontare.
Chi sono i poveri? E come siamo chiamati a confrontarci soprattutto noi cristiani cattolici, aderenti all’associazione e magari con qualche particolare incarico formativo o di responsabilità? È una domanda che non possiamo non porci in questo frangente ed è una domanda che abbiamo rivolto domenica 22 marzo al Vangelo e a due testimoni invitati per l’occasione.
Gesù ci risponde, indicando ai suoi discepoli, a noi, l’esempio straordinario della povera vedova che nel tesoro del tempio getta solo due monetine, ma che in realtà getta tutta sé stessa, per vivere realmente, nel totale affidamento del Signore della Vita.
Ljerka Baktovic racconta la sua storia di profuga della Bosnia Erzegovina. Lavoro tranquillo, famiglia affettuosa, una vita normale, una grande fede in Dio. Proprio perché cristiana cattolica, viene sottoposta a un trattamento discriminatorio sul posto di lavoro nella Jugoslavia comunista e per migliorare un po’ le proprie condizioni decide di trasferirsi per qualche tempo in Germania. Durante la sua permanenza lontana da casa, scoppia la guerra in Bosnia. Ljerka tenta di ritornare nel suo paese, ma le frontiere sono chiuse e lei faticosamente riesce solo a entrare in Croazia. Senza nessuno, con pochi soldi e con un figlio in arrivo, passa in un breve giro di vita da una situazione di normalità a una povertà materiale e soprattutto di contatti umani. “L’unica persona che mi era rimasta vicina era Dio, Lui mi ha dato la forza”. Con il solo affidamento alla provvidenza trova il coraggio di ricostruire pezzo per pezzo la propria vita e quella di suo figlio. “Quando ero a Zagabria, anche se non mangiavo e avevo il bambino piccolo, continuavo a pensare e a pregare per quelli che erano in mezzo alla guerra. Non sapevo se i miei genitori fossero ancora vivi”.
Grazie a diverse traversie, arriva in Italia nel ’94 e appena possibile organizza gli aiuti da portare nel proprio Paese, distrutto dalla guerra. Per quattro anni fa la spola dall’Italia alla Bosnia portando aiuti umanitari. “Ho vissuto tanti momenti difficili, ma anche se ero povera materialmente, sono sempre rimasta ricca spiritualmente. Dio portava la croce con me”.
Romano Damiani presenta il progetto Camper Emergenza, l’impegno scelto quest’anno dall’Azione Cattolica diocesana per l’Iniziativa di Solidarietà. Romano racconta com’è nato il Camper Emergenza, come il grave lutto per la perdita di suo figlio in un incidente del sabato sera abbia spinto sua moglie e lui a dare un nuovo senso alle proprie vite. Prima portando aiuti nella ex-Jugoslavia, poi in Russia, finché Romano non viene interpellato su un nuovo campo: i poveri della sua città. Nasce così Camper Emergenza con i suoi servizi: dall’assistenza ai senzatetto in stazione, all’esperienza del dormitorio, dall’iniziativa “Vieni a pranzo con noi”, in cui si può trovare la serenità di un pasto al caldo tra amici nei giorni festivi, al Servizio medico e di prima terapia. “Lo spirito che ci deve animare è sempre quello dell’aiuto al fratello, perché il povero è prima di tutto nostro fratello”.
Parla dei suoi volontari, un numero che si aggira sui centocinquanta, con un orgoglio di padre, ma cede subito il passo all’umiltà autentica, mentre chiede a sé stesso se davvero fa tutto il possibile per il suo fratello povero. Poi suggerisce stili di vita: “Al povero non date soldi, ma fermatevi con lui, offritegli un cappuccino, chiedetegli se ha bisogno di qualcosa. È il riconoscimento della sua dignità come persona che gli serve più del resto”.
Due diversi punti di vista quelli di Ljerka e Romano, di chi ha subito la povertà e di chi aiuta a sollevarla, che si congiungono in un unico snodo: la dignità di colui che può donare è la stessa dignità di colui che può accettare. In entrambi, infatti, è possibile cogliere il volto vero di Gesù, quello della misericordia e della resurrezione e quello della sofferenza sotto la croce, quella croce che se accettata con amore è strumento di salvezza.
La cena si è consumata ancora all’insegna di Camper Emergenza, i partecipanti del convegno hanno ricevuto infatti un pasto simile a quello che i volontari di Romano offrono a chi incontrano per strada: un semplicissimo gesto di comunione fraterna.
La serata è stata animata da uno strepitoso gruppo musicale, i Greenwich. “Il cuore va ascoltato con la stessa attenzione con cui va ascoltata la buona musica” ha introdotto Andrea, membro del gruppo. Quattro voci accompagnate da chitarra e basso hanno interpretato canzoni ispirate alla tradizione inglese e americana degli anni ’50 e ’60. I temi dei brani erano intensi e suggestivi: la nostalgia di casa, il conforto di un gesto amico, l’amore che salva, la preghiera a Dio, misericordioso e accogliente. Una performance musicale davvero di alto livello, intervallata da un servizio Rai sui nuovi poveri, ulteriore contenuto di qualità alla riflessione.
Noi partecipanti del convegno abbiamo quindi ascoltato molto da chi ha dato tanto, ma ora tocca realizzare il duro scarto che c’è tra il dire e il dare, tra il riconoscere il bisogno e il saperlo sollevare concretamente.
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