Introduzione alla Fan Fiction
Questa Fan Fiction è strettamente legata al 7° libro di Harry Potter, quindi a coloro che non l’hanno ancora letto sconsiglio caldamente la lettura. L’universo in cui è ambientata l’intera vicenda e moltissimi personaggi che la animano sono opera della straordinaria Rowling, che ha saputo creare un mondo affascinante e ricco di spunti così originali da riuscire a scatenare l’immaginazione dei suoi affezionati lettori, tuttavia ho voluto narrare una storia che non avesse come protagonisti gli stessi creati da questa autrice fantastica, ma di nuovi nati comunque per diretta ispirazione.
Immagine dal Web - Il velo nell'Ufficio Misteri |
Oltre il velo
Wendy e i suoi compagni arrivarono al Ministero alle prime luci dell’alba.
La ragazza aveva un aspetto decisamente spettrale, segno di una notte passata insonne, e ora sbadigliava sonoramente. Sandy invece era radiosa, come suo solito. I lucenti capelli biondi e mossi erano lasciati liberi sulle spalle minute, coperte da un leggero strato di tessuto setoso e aderente, color verde bottiglia. Walter era dietro a tutti, pallido e taciturno, con lo sguardo blu cobalto attento a tutto quello che accadeva loro intorno, come una severa guardia del corpo. Raymond era alle spalle del padre, che apriva la piccola comitiva. Un sorriso sornione e uno sguardo furbo restituiva un’immagine di estrema sicurezza, quasi di vittoria, contrariamente a quello dei suoi coetanei.
Sebbene fosse molto presto, il Ministero era già insolitamente animato. Quando raggiunsero l’ampissimo ingresso attraverso il grosso camino della metropolvere, notarono molti impiegati presi a controllare elenchi e note di pergamene lunghe fino ai piedi, incantatori di prima decorazione magica che allestivano nastri dorati e nutrivano piccole fate lucenti ancora addormentate, globi opachi ammonticchiati negli angoli e pronti ad essere elevati e fatti risplendere poco prima dell’inaugurazione, prevista alle undici in punto.
Un mago piccolo e dall’aria burocratica venne incontro al signor Emberce.
- Buongiorno è venuto così presto per accomodarsi ai posti migliori? - fece con una vocetta stridula occhieggiando la comitiva.
- Oh, no - fece l’uomo con una smorfia snob - ho del lavoro importante da sbrigare presso l’amministrazione dei rapporti diplomatici per conto della mia nuova cugina! - e si trasse vicino l’assonnata Wendy.
- Oh, ho capito! Nicky Knightly, mia figlia Orla me ne ha parlato... - il maghetto guardò la ragazza da dietro gli occhiali impolverati, Wendy incrociò il suo sguardo e arrossì, poi l’ometto fece un sorriso stranamente divertito e continuò - E come mai con tutti questi ragazzi? - indicò alle sue spalle con la lunga penna d’aquila che stringeva nella mano sinistra.
- Io dovrò fermarmi per diverse commissioni al Ministero e pensavo che questi ragazzi potessero fermarsi alla festa - fece annoiato il nobile.
- Bene, bene... La lascio ai suoi impieghi - e se ne trotterellò via.
- Ottima scelta questa data, papà - commentò il ragazzo rosso.
- Non sono uno sprovveduto - si vantò l’uomo e procedettero.
- Benvenuto Signor Olivander! - disse la stessa vocetta acuta di prima e la compagnia si girò.
- Buongiorno, buongiorno signor Quirke - disse con calma cortese Olivander.
La compagnia riprese a camminare lentamente e si portò verso un ascensore che giunse con uno sferragliare rumoroso e aprì le griglie dorate, ospitandoli.
- Posso unirmi a voi - fece la voce calma di Olivander.
- Certamente - gli fece posto il signor Emberce con una cortesia che non avrebbe mai rivolto non solo ad un estraneo, ma neppure ad un mago qualsiasi.
Il piano era di girare per qualche corridoio e farsi notare da qualcuno, ma fu perfettamente inutile visto che nel resto del Ministero non c’erano maghi o streghe intenti nel lavoro di routine: tutti erano nell’atrio a preparare i festeggiamenti e l’accoglienza agli ospiti di riguardo.
Ritornarono all’ascensore in fondo al luminoso corridoio da cui filtrava ormai la luce del sole, spuntato all’orizzonte.
- Che strano! Ero convinta di essere sottoterra - commentò Wendy guardando fuori dalla finestra.
- Lo sei! - spiegò Raymond - Ciò che appare alle finestre è un incantesimo, l’ufficio manutenzione avrà pensato che oggi sarebbe stato meglio presentare una giornata radiosa - sbottò con sufficienza - ma per noi questa è la giornata giusta - e le afferrò la mano stringendola.
Wendy fece un’espressione indecifrabile.
- Molto bene credo che ora possiamo scendere all’Ufficio Misteri - sorrise il signor Emberce soddisfatto di come si stava profilando l’evento.
L’ascensore cominciò a scendere con il suo sferragliare pigro. La mano di Raymond si attardava sulla mano di Wendy, che però con garbo la tolse per coprire un ulteriore sbadiglio, mentre con l’altra si sfregava gli occhi. Poi rilasciò entrambi le mani lungo il corpo e Raymond le ricatturò la sinistra nella propria destra.
Finalmente le porte si aprirono sul corridoio dell’Ufficio Misteri. Le pareti al contrario dei piani precedenti erano spoglie, buie e prive di finestre. L’espressione assonnata di Wendy divenne attenta e guardinga, come appena svegliata da una secchiata d’acqua gelida.
- Hai freddo? - gli chiese Raymond, forse sentendola tremare.
- No - rispose lei sinceramente, concentrata sul fondo del corridoio, in cui appariva una porta nera.
- Eccovi - fece la sgradevole vocetta della Umbrige dietro di loro, sbucando da una scaletta laterale a chiocciola, con lei apparvero Emily e altri tre maghi sconosciuti.
- Tempistica perfetta, Dolores - sottolineò Emberce.
- Sapevo che sareste scesi presto - disse la Umbridge, buttando un’impercettibile occhiata al collo di Wendy.
- Perfetto, credo sia il caso di proseguire - commentò Olivander, che tra tutti sembrava ora quello più emozionato.
Fu la Umbridge a prendere il comando della comitiva, aprì la porta nera con una tale familiarità che sembrava stesse accogliendo ospiti nella propria casa.
La stanza era completamente nera: nero il pavimento, nere le pareti, nero il soffitto, nere le porte che circondavano il perimetro. L’unica cosa a rompere quell’oscurità opprimente erano i grappoli di candele dalla lugubre luce blu, che ardevano alle pareti, specchiandosi nella lucida superficie del pavimento. Qualcuno vestito solo di nero avrebbe potuto nascondersi tranquillamente in qualche angolo e non sarebbe stato scorto.
Wendy tremava visibilmente, mentre Sandy dovette appoggiarsi a Walter: sudava freddo. La Umbridge sorrideva maligna.
Dopo che tutti furono passati attraverso la porta spalancata, essa fu chiusa e la stanza prese a girare vorticosamente. Le luci delle candele formarono scie chiuse ad anello vorticanti sopra le loro teste, peggiorando il senso di nausea delle due ragazze. Improvvisamente si arrestarono. Le Portatrici boccheggiavano, mentre gli altri apparivano disorientati, tutti tranne la donna con la sgradevole faccia da rospo.
- Ray - intimò con autorità.
- Sì? - fece Raymond recuperando stabilità.
- Qual è la porta più fredda? - chiese.
Raymond meditò un attimo concentrandosi. - Questa - ne indicò una dietro il padre.
- Bene, andiamo -.
Entrarono in un’ampia stanza rettangolare, che sprofondava in una conca rocciosa, fatta a grandi gradoni come un’arena e nello spiazzo centrale, nella parte più bassa, sorgeva sopra una piattaforma un antichissimo arco in pietra, screpolato dal tempo. L’arco era chiuso da una tenda sottile e logora, scossa da una lieve brezza che lo faceva ondeggiare, benché l’aria intorno fosse completamente ferma, come rivelavano le fiamme delle fiaccole che restituivano un fioco bagliore in quella profondità.
Tutti guardavano l’arco come ipnotizzati dal movimento lieve e lento della tenda e scesero dalle gradinate senza osare levare lo sguardo dal centro della stanza.
Quando furono tutti di fronte o dietro l’arco, difficile a dirsi visto che era uguale da entrambi i lati, fu Olivander a rompere il silenzio.
- Bene Wendy, adesso devo chiederti di sederti e tentare di rilassarti - prendendola per le mani, l’accompagnò al gradone più basso, dove la fece accomodare.
- Vieni anche tu Walter - lo invitò con un cenno Olivander, poi ritornò a guardare Wendy con l’intensità dei suoi occhi, addirittura spettrali in quella luce e in quell’atmosfera.
- Espandete il vostro pensiero in tutta questa stanza, cogliete i pensieri di tutti... - disse loro, continuando a guardare Wendy.
Wendy e Walter inspirarono a fondo e chiusero gli occhi. Per una frazione di secondo Walter increspò le labbra in un sorriso di sollievo e Wendy arrossì, poi Walter scattò in piedi e guardò nervosamente uno dei maghi sconosciuti, anche Wendy ne seguì il movimento, inquieta.
- Chi è quell’uomo! - fece Walter con voce ferma, ma carica di sospetto. A Wendy cominciò a tremare il mento e il labbro inferiore mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
- Sì, Wendy cara - Olivander rispose allo sguardo muto della ragazza - quello è tuo padre o meglio il suo corpo -.
I Portatori guardarono il mago immobile, con lo sguardo privo di ogni luce, che fissava davanti a sé senza vedere niente. Un guscio vuoto, un cadavere mobile.
- Tu e Walter l’avete notato perché non avete sentito i suoi pensieri e neppure un muro di Occlumanzia, solo... -
- ... un abisso vuoto - terminò Walter. Olivander annuì.
- Non ti abbiamo detto che l’avremmo portato, per non sollecitarti ancora di più Wendy. Ma ovviamente appena avrai tratto la sua anima al di qua del velo, doveva pur esserci il corpo per ospitarla -.
- D’accordo, non voglio perdere un minuto di più: sono pronta. Cominciamo! - disse risoluta la ragazza, alzandosi e portandosi avanti pochi metri al centro dell’arco. Sandy si mise alla sua destra, Walter subito dietro di lei e Raymond alla sua sinistra. Wendy cadde in trance, rimanendo in piedi ferma e immobile. Una folata di vento attraversò la tenda dell’arco.
Wendy era oltre l’arco, o meglio la sua aurea, simile a lei, vestita come lei, solo più sfumata e opalescente. Intorno alla ragazza c’erano anime che volavano, estremamente meno definite, sbrindellate, lacerate, che gridavano. Alcune di paura, alcune di frustrazione, alcune di orrore, ma dentro ogni grido c’era la profonda nota della disperazione e dell’angoscia.
La ragazza si tappò le orecchie e si accasciò come schiacciata da tutto quel tormento, ma le urla non le sentiva con le orecchie e quel gesto istintivo e naturale era perfettamente inutile. Era accucciata e fece per piangere ma neppure una lacrima le rigò il volto.
I tre Portatori in semicerchio intorno al corpo di Wendy cercavano di concentrare il proprio potere sulla ragazza, come se tre raggi di luce convergessero in una lente e rimandassero un fascio di luce più intenso. Quando abbondanti lacrimoni scesero dagli occhi vuoti della ragazza, Olivander si inquietò.
- Ragazzi concentratevi di più! - li rimproverò ed essi chiusero gli occhi e scesero meglio nel centro del loro potere. La tensione era palpabile e fendeva l’aria come una densa nebbia.
Poco dopo le lacrime dagli occhi di Wendy cessarono e sul suo volto, ancora contratto, riapparve una nuova determinazione.
- Bene! - commentò Olivander rassicurato.
Non fece in tempo a dirlo che dalla bocca di Wendy uscì un urlo di terrore straziante, ma subito cessò.
- Cosa starà succedendo? - disse Sandy in preda all’angoscia.
- Rimanete concentrati, il luogo in cui si trova deve essere un terribile supplizio, forse lo sta esplorando - fece Olivander serio.
L’anima di Wendy era chinata su se stessa, con gli occhi stretti, mentre gli spiriti dei disperati continuavano a svolazzare con le loro urla. Tra i suoni spettrali e inquietanti Wendy percepii una voce preoccupata.
- Nicky -
L’anima guardò davanti a lei e improvvisamente gli apparve davanti un cordino rosso, che si muoveva ondeggiando come un cobra davanti alla preda. Wendy lo fissò senza sentirsi minacciata, allungò la mano e lo prese, mentre la corda si rilassò immediatamente nel suo palmo. Meravigliata Wendy cercò l’origine di quel cordoncino rosso e si accorse che ai suoi piedi c’erano alcuni nastri, uno era dorato, uno era color zaffiro e l’ultimo era uno strano color rosso sangue, lievemente inquietante. Wendy prese anche i primi due, oltre il primo cordoncino rosso, ma non osò toccare il nastro color sangue. Si alzò e fece due passi, i nastri si allungavano rimanendo saldi alla loro invisibile origine. Wendy non si sarebbe persa, finché fosse rimasta attaccata a quei legami. Si rivolse con più coraggio verso il fondo di quel tunnel spaventoso, ancora ridondante di urla e gemiti imploranti.
Cercando di evitare con lo sguardo quelle terribili apparizioni, fissava i propri piedi, ma ancora una volta fu presa dall’orrore e lanciò un urlo, ma dalle sue labbra tremanti non uscì alcun suono. Vicino a dove si trovava c’erano parecchi corpi privi di vita, con le espressioni contratte dal dolore e dallo sgomento. Di alcuni erano rimasti solo scheletri, altri erano in decomposizione. Il corpo di un uomo vicino ai suoi piedi stringeva una bacchetta nera e quel poco che rimaneva delle labbra tracciava uno strano sorriso divertito. Ripresa dal turbamento iniziale, Wendy fissò la bacchetta, cercò la sua, ma, non trovandola, tentò di recuperare quella del cadavere. Le dita inconsistenti non poterono afferrare nulla, attraversando la superficie legnosa della bacchetta. Spaventata guardò la mano con cui teneva i lacci, ma quelli rimanevano saldi, chiusi nel suo palmo.
Superò i cadaveri, che erano ammonticchiati solo all’inizio del percorso, e si inoltrò in quello spazio nero e opprimente. Tentava di non badare alle grida intorno a lei, ma alcune di queste urla erano davvero laceranti, violente, piene di rabbia. In quelle voci grondava tutto il sangue di crimini efferati e di mutilazioni abnormi. Alcune erano cariche di angosciata innocenza, di sopruso, di tormento inquieto e provenivano da forme più integre e delineate, più simili a quelle della ragazza oltre il velo. Wendy scelse di avvicinarsi a queste.
- susanne -
Sentì un suono familiare, lontano.
Tentò di avvicinarsi.
- Susanne -
Il suono era più vicino.
- Susanne -
Wendy vide un’anima seduta che si teneva le ginocchia strette intorno al petto e dondolava avanti indietro.
- Susanne... Susanne... Susanne... - continuava a ripetere, con il medesimo tono, la medesima cadenza.
Wendy tentò di articolare con le labbra la parola “papà”, ma ancora una volta non uscì da lei alcun suono, mentre l’anima continuava il suo dondolio nostalgico.
- Papà? - domandò improvvisamente la voce di Wendy. Tutte le persone intorno a lei sobbalzarono.
- L’ha trovato! - esclamò Emberce.
- Così sembrerebbe - confermò Olivander - Non deconcentratevi ragazzi, adesso è il momento più delicato -.
L’anima di Wendy sembrò concentrarsi in un pensiero e benché le sue labbra non si mossero, sentì la sua voce pronunciare: - Papà... -
La figura di Lyonel Locke non si scompose e continuò con la propria cantilena, non cessando di cullarsi.
Wendy gli si avvicinò, mettendosi di fronte. Lo sguardo di Lyonel era fermo, impassibile, perso in un altro tempo, in un’altra vita.
- Susanne... Susanne... Susanne... -
- Papà sono io - lo guardò con affetto la ragazza, poggiando le mani sulle spalle dell’uomo.
- Papà sono Wendy, tua figlia - si passò una mano sulla guancia, ma non c’erano lacrime da asciugare. Per un brevissimo attimo lo sguardo di suo padre si spostò.
- Sono venuta per portarti indietro, vuoi venire... - Wendy lo prese per un polso e tentò di sollevarlo da terra, ma l’uomo fece un gesto violento e si liberò, riprendendo la cantilena.
Wendy lo lasciò e si sedette accanto a lui, cingendogli le larghe spalle con un braccio e con l’altra mano gli stringeva l’avambraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla seguiva il suo dondolio. Poi chiuse gli occhi, facendosi cullare dalla sua voce. Wendy si stava addormentando, nonostante il dolore, nonostante l’angoscia e le urla.
Improvvisamente riaprì gli occhi, la mano di suo padre stava accarezzando la sua appoggiata all’avambraccio. Wendy intrecciò le sue alle dita del padre.
- Susanne, sei tu? - chiese il padre finalmente rispondendo alla sua presenza.
- No, mi dispiace - ancora Wendy deglutì un singhiozzo asciutto, privo di lacrime.
- Ma le somigli così tanto - la scrutò il padre, pronunciando quelle parole con tormento.
Wendy gli sorrise - Lei era mia madre -.
L’uomo sembrò non ascoltarla, preso da un suo pensiero. - Anch’io sorridevo in quel modo, tanto tempo fa -.
- Sì, papà - confermò la ragazza.
- Wendy? - chiese il padre.
- Sì, papà sono io! - Wendy gli buttò le braccia al collo e il padre la strinse con affetto.
- Non ti hanno ucciso, non ti hanno ucciso... Lio, Lio ti ha salvata! - gioiva Lyonel Locke.
Wendy si riscosse un attimo e buttò un’occhiata preoccupata alla sua mano destra. I due nastri stavano sbiadendo velocemente, l’unico legame che rimaneva nella sua mano era il cordino rosso.
- Sta succedendo qualcosa di strano, papà... Dobbiamo andare, tornare indietro - disse allarmata.
Il corpo di Wendy era immobile, gli occhi fermi continuavano a rilasciare un pianto triste, sommesso. Tutti avevano il fiato sospeso cercando di interpretare i segni sul volto della ragazza. L’unica persona a non fissare il viso della Portatrice dell’Aria era la Umbridge che teneva gli occhi stretti in modo maligno sul volto imperturbabile di Lyonel Locke. Solo lei si accorse di un rapidissimo saettare negli occhi dell’uomo, ritornati subito immobili e persi. Questo la inquietò per un istante e trasse la bacchetta dalle pieghe della gonna scozzese.
- Oh no, no, no! - gemeva Olivander, vedendo che la ragazza in trance stava chiudendo lentamente gli occhi.
Dolores Umbridge abbassò la bacchetta, ma non distolse lo sguardo dal Custode dei Poteri.
- Li riapre, li riapre - esclamava eccitato Emberce.
- Coraggio Wendy, forse ci sei - la incoraggiava Olivander.
Dagli occhi di Lyonel cominciarono a scorrere lacrime di commozione, ora tutti si accorsero dei mutamenti anche sul volto del padre di Wendy. La sua bocca sorrise pronunciando: - Wendy -.
Una scossa di entusiasmo e ilarità attraversò tutti gli spettatori di quell’incredibile ricongiungimento familiare, ma l’eccitazione durò molto poco.
- Stupeficium -.
Un incantesimo sbattè Walter addosso a Sandy ed entrambi i ragazzi Portatori rovinarono sulle gradinate.
Olivander si voltò di scatto confuso, recuperò la propria bacchetta, ma troppo lentamente per fermare l’incantesimo che stava per colpire Wendy ancora in trance.
Fu come vedere una scena al rallentatore, gli occhi terrorizzati di Olivander, Dolores Umbridge che scagliava un guizzo rosso verso Wendy e un fascio bianco, proveniente dalla metà delle gradinate, deviarlo in alto verso l’invisibile soffitto, mentre, da dietro uno svolazzante nulla, comparve Nat, con la bacchetta puntata a proteggere Wendy.
In quell’istante ci fu un’irruzione di sei persone all’interno della stanza dell’arco. I membri della setta storica erano confusi e imbarazzati, non sapendo da che parte dovevano schierarsi, ma optarono per contrastare i disturbatori. Dolores lanciò un incantesimo della pastoia a un già pietrificato Raymond e si ostinò a colpire Wendy, protetta ancora una volta da Nat. Emily cominciò a duellare contro Etty. Il signor Emberce seguì l’esempio della sorella cercando di contrastare un giovane agguerrito della famiglia degli Weasley. Dannis Cannon, Ralph e Mike Dayton tentavano di tenere a bada gli altri due maghi.
Olivander si mise a difesa di Lyonel Locke in caso di colpo deviato, afferrando velocemente quello che era successo.
- Dolores perché lo hai fatto, ora Wendy non potrà più tornare! - le gridò l’uomo anziano.
Improvvisamente il respiro di tutti si fece vaporoso e la stanza si riempì di Dissennatori, la Umbridge, protetta da un luminescente gattino, appariva soddisfatta e continuava a ostinarsi su Nat. Cominciarono a comparire incantesimi patroni anche dai più giovani combattenti, ma i Dissenatori si lanciarono sui Portatori svenuti e indifesi.
Lisa era comparsa a proteggere Sandy e Walter, ma venne circondata e il suo Patrono, un bel pavone, si smaterializzò, Mike cercò di darle man forte.
I Dissennatori attaccarono solo la combriccola di intrusi, permettendo ai membri della setta di cominciare a respingere facilmente gli attacchi degli invasori, che si trovarono a combattere sui due fronti.
Olivander continuava a chiedere: - Cosa state facendo? Proteggete i Portatori! Perché Dolores? Perché? -.
La Umbridge si volse feroce verso il vecchio fabbricante di bacchette.
- Mi chiedi perché?! Non potevo permettere che quel traditore ritornasse in vita, ecco perché! La punizione che gli avevo inflitto era quella giusta, doveva crogiolarsi nella sua disperazione per l’eternità. Rifiutare me per una stupida babbana, tradire il suo sangue purissimo e la sua missione per una ragazza inutile!! - poi si rivolse verso Nat che continuava a essere tra lei e Wendy - No, nessuna figlia di babbana, può essere una Portatrice, lei si perderà nell’oblio come suo padre e io stessa ne distruggerò il corpo! - lo disse con una voce lacrimevole e malvagia allo stesso tempo.
Nat fu attaccato da un dissennatore che dissolse la sua lince Patrono.
- Expelliarmus! - urlò la Umbridge facendogli volare via la bacchetta - E ora mio caro eroe, saprai in che dolore è stato immerso il nostro Custode per questi anni vedendo morire inerme la propria amata - sorrise commossa la Umbridge.
Una bacchetta nera fu scagliata dall’arco di pietra verso Nat che l’afferrò urlando: - Stupeficium! -.
La Umbridge volò all’indietro, cadendo sul lastricato di pietra e la battaglia riprese senza esclusione di colpi. Emberce si era scagliato con nuova violenza sul suo antagonista che aveva rivelato la sua vera identità allo scadere della Pozione Polisucco.
- Luke! - disse pieno di sdegno.
- Non posso dirmi contento di rivederti Richard! - esclamò ironico Luke Locke attaccando il padre di Raymond.
Wendy ritornò in sé e sfoderò immediatamente la bacchetta. Anche l’incantesimo che teneva legato Raymond si sciolse.
- Allora ti è arrivata la bacchetta! - esclamò Wendy soddisfatta, guardando la mano di Nat.
- Direi di sì! - rispose Nat, lanciandosi a recuperare la sua.
Wendy alzò la bacchetta su Olivander. Suo padre era dietro di lui, incapace di muoversi, seguiva la scena con terrore, impotente dopo anni lontano dal proprio corpo.
- Si allontani da mio padre - gli intimò, minacciosa.
- Veramente, Nicky, lo sta difendendo... - precisò Nat - Ma perché tuo padre non reagisce? -
In quel momento il ragazzo fu colpito alle spalle da uno schiantesimo che lo gettò a terra.
- Nat! - urlò Wendy.
Raymond lo fissava a terra con gli occhi pieni di odio. - Crucio! -
Nat cominciò a muoversi convulsamente. La ragazza gettò diversi getti rossi al Portatore del fuoco, ma Raymond li deviò facilmente, senza neppure usare la bacchetta.
- Fermati Raymond! Fermati - gridò la ragazza, guardando Nat in preda alle convulsioni.
Olivander stava respingendo i Dissennatori intorno a lui e a Lyonel sempre con maggior fatica.
Walter, rinvenuto, riuscì a bloccare Raymond con un nuovo incantesimo della pastoia, liberando dalla tortura Nat. Sandy, al suo fianco, emanò il potere della terra, che si sollevò come una nebbia argentata e bluastra simile alla sostanza dei Patroni, e con un bagliore respinse tutti i Dissennatori.
Wendy si era lanciata al fianco di Nat, per controllarne la condizione, ma si girò immediatamente alle parole della Umbridge.
- Avada Kedavra! -.
- Noooo!!! -. Wendy corse verso il padre, che si stava accasciando senza vita, con lo sguardo spento sulla figlia.
Wendy si alzò con uno sguardo furente verso la Umbridge, che sghignazzava portandosi una mano alla bocca per asciugarsi il sangue dal labbro.
La Portatrice dell’aria alzò entrambe le mani al cielo e subito con un movimento imperioso le abbassò velocemente, completamente concentrata sul proprio potere. Un turbine di vento circondò la Umbridge, che si accasciò tossendo, non ricevendo più aria.
Nat guardò la scena impallidito, poi si alzò e corse verso la ragazza.
- Nicky... Nicky, no! Non farlo! Nicky!! -.
La ragazza era completamente trasfigurata in una parvenza maestosa e terribile, guardava con un sorriso la Umbridge che diventava sempre più cianotica, mentre si spegneva, circondata da un muro impenetrabile di vento.
- Nicky, guardami! Sono io, tu non vuoi diventare un’assassina. Knightly, tu non vuoi essere la Portatrice dell’aria - la supplicava Nat, con le lacrime agli occhi.
Wendy guardò il ragazzo e tornò in sé. - No, io non voglio... -.
Il turbine di vento scomparve, lasciando la Umbridge a tossire a e sputacchiare per terra, mentre cercava di respirare.
Wendy si guardò intorno come appena risvegliata da un incubo e supplicò il ragazzo che la teneva per le spalle.
- Nat, io voglio che il Portatore dell’Aria e del Fuoco non esistano più - disse con semplicità stupita Wendy e fu scossa da un tremito.
- Stupida! Non dirlo! - gridò Emily, che distratta fu colpita da uno schiantesimo e perse i sensi.
- Avada Kedavra - la Umbridge lanciò verso Wendy la Maledizione senza perdono.
Ma Luke Locke, poco distante, si lanciò nella traiettoria del guizzo verde facendosi colpire in pieno petto.
- Avada Kedavra - questa volta fu Olivander a scagliare la Maledizione contro la Umbridge, che si accasciò morta.
Una squadra di Auror fece irruzione nel salone, bloccando tutti.
Intervenne Olivander e, confessando i propri reati, indicò gli altri membri della setta. Furono tutti portati via.
Wendy piangeva sul corpo del padre e dello zio, Nat le era vicino e in silenzio condivideva il suo dolore. Dopo qualche minuto la ragazza ruscì a ricomporsi e tra i singhiozzi riuscì a dire: - Sai voleva rivedere mia madre, non voleva ritornare in un mondo in cui lei non c’era più. Per questo ho impiegato tanto a convincerlo a tornare. Aveva deciso di farlo solo perché voleva dire allo zio Luke che non era stata colpa sua... - la voce si ruppe ancora, mentre le lunghe dita continuavano ad accarezzare i capelli castani dalle mille sfumature, così simili ai suoi.
Nat le avvolse le spalle con maggiore forza, rimanendo in silenzio.
Due Auror si fecero vicini e avvolsero tutti i corpi in una nube violetta, per condurli in una zona predisposta del Ministero, come spiegarono a Wendy, dopo averla allontanata con dolcezza dal cadavere del padre.
- Walter - chiamò Wendy - puoi liberare Raymond dall’incantesimo, ormai non ha più nessun potere -
- Cosa?! - esclamarono insieme Nat e Walter.
- Come me anche lui ha perso i suoi poteri, la Portatrice dell’Aria ha espresso il suo ultimo desiderio e tutti i Poteri si piegano alla volontà della Portatrice dell’Aria - spiegò calma Wendy, poi sorrise - Ebbene sì adesso siamo entrambi babbani -.
Raymond sentì queste parole e si lanciò contro la ragazza in modo feroce.
- Tu! Tu mi hai rovinato! - urlò accusandola.
- Credo sarà meglio portarti via ragazzo - lo agguantò un Auror - tuo padre si chiederà come stai... - e lo trascinò via, mentre ancora imprecava, cercando si lanciare inutilmente incantesimi contro tutti.
Wendy prese poi la bacchetta nera che fino a poco prima era vicina al corpo del padre e fece per restituirla al velo. Nat le prese la mano prima che lo facesse.
- Questa da dove viene? - chiese alla ragazza.
- C’era un corpo oltre il velo che la stringeva, credo sia caduto dentro combattendo -.
- Posso tenerla io, forse so di chi è? - disse Nat, fissando la bacchetta.
- Certo - gli sorrise tristemente Wendy, poi si strappò il ciondolo e lo gettò oltre il velo.
L’atrio del Ministero era colmo di gente, mentre il Primo Ministro enunciava le migliorie e i progetti che intendeva proporre dopo l’oscuro periodo sotto Voldemort.
Nat si avvicinò ad Harry, tenendo per mano Nicky.
- Grazie mille Harry, mi è stato molto utile - e dicendo questo trasse un fagotto piegato di un tessuto liscio e argenteo, dalla trina sottilissima.
- Felice di esserti stato d’aiuto, ma vorrei sapere cos’è successo giù all’Uffico Misteri? - gli sorrise Harry, prendendo il fagotto.
- Magari più tardi ti racconterò i dettagli, però prima volevo darti un’altra cosa - e gli porse la bacchetta di legno nera.
Harry sgranò gli occhi e lo fissò con aria interrogativa e sbigottita.
- Dove? Come?... Come hai avuto la bacchetta di Sirius?! -
- Puro caso... ma l’ho riconosciuta dopo averla vista durante il mio secondo anno, quando Black fu catturato a Hogwarts e gli fu sottratta la bacchetta, la vidi in mano a Piton. Credo che debba tenerla tu... -
- Grazie - disse commosso Harry.
- No, grazie a te... di tutto! - con la destra gli strinse la spalla e si allontanò.
- Mi chiedevo una cosa - chiese Nicky mormorando all’orecchio di Nat - sapevo che eri al Ministero trasformato nell’impiegato che ci ha fermato stamattina, ma come hai fatto a renderti invisibile nella stanza dell’arco? -
- Grazie al mantello dell’invisibilità che ho appena restituito -
- Non posso credere che vi abbia aiutato Harry Potter... - replicò ammirata Nicky.
- Non gli abbiamo detto che era una cosa tanto pericolosa, se no ci avrebbe seguito e ci sembrava giusto tenerlo lontano: lui ha già affrontato la sua terribile guerra - fece pratico Nat.
- Sai che mi hai salvato l’anima oltre alla vita, vero? - Nicky lo guardò con intensità.
- No - disse sinceramente stupito Nat.
- Oltre l’arco c’è stato un solo legame che mi ha potuto tenere collegata a questo mondo, se tu non fossi stato con me dall’inizio mi sarei perduta - gli strinse la mano e lo baciò sulla guancia.
Per una volta Nat non ebbe nulla da replicare.
A Harry fu dato l’onore di svelare la nuova fontana del Ministero che apparve in mezzo ad uno scoppiettio e ad uno scintillio dei migliori fuochi d’artificio freddi del Dott. Filibuster.
La statua ritraeva una rappresentazione plastica e strabiliante. Tutte le specie magiche, un mago, una strega, un elfo domestico, un centauro, un goblin, un gigante, erano avvolte in un’allegra danza e munite di bacchetta puntavano al centro della fontana, da cui scaturiva un magnifico getto, che zampillava e si divideva in mille rivoli.
Grandi lettere maiuscole dedicavano la statua “Al coraggio di coloro che si sono sacrificati per la dignità di ogni creatura magica” e sotto si riportava una citazione, suggerita, come spiegò Kingsley Shaklebolt, da Harry Potter stesso:
“Sono le scelte che facciamo,
che dimostrano quel che siamo veramente,
molto più delle nostre capacità"
Albus Silente