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mercoledì 3 dicembre 2014

Mai da soli - 24 novembre 2014


Grande sorpresa Luca Tarantino di Castegnato, Consigliere Diocesano dell'AC, e Andrea Bertocchi, VicePresidente Giovani di AC, sono venuti a trovarci e a portarci un po' la loro esperienza, ma andiamo con ordine.

- Siamo arrivati e abbiamo proposto un mini AC-Factor, dove l'edu folle che vi ritrovate chiedeva di dare prova del Fattore AC che era in voi, ma a parte un mitico Stefano Bonazza che ha sfoderato le sue meravigliose tessere da quando aveva 6 anni a oggi, nessuno si è voluto cimentare... continuate a prepararvi perché sarà il contributo video che faremo l'anno prossimo al tesseramento...

- Ognuno era invitato a compilare su una mappa della Provincia di Brescia, quali altri associati conoscevano fuori da Gussago, gli educatori ACR si sono difesi alla grande con le loro esperienze diocesane!

- Infine è stato il momento di Luca e Andrea che hanno raccontato come sono entrati a far parte del Settore, o meglio dell'AC Diocesana e cosa hanno trovato (oltre morosa e futura moglie, lo ripeto non funziona sempre per tutti!!! -_-”). Qui siete intervenuti alcuni dei giovani del gruppo per chiedere le difficoltà che ci sono nelle altre parrocchie, la difficoltà con i parrocci per proporre l'AC, se è meglio fare AC e il gruppo parrocchiale giovani o non è meglio unire le forze, soprattutto la fatica di avere una realtà ricca in Parrocchia come Gussago e frequentare anche le proposte in Diocesi...
Emergeva nell'incontro del 1° dicembre che i membri del Settore (non Andrea e Luca, ma nelle iniziative) tendono a sottolineare un po' troppo il loro impegno e ruolo diocesano, eppure anche gli educatori hanno il loro bel da fare in Parrocchia...

- Si è conclusa con la preghiera qui riportata:

Dagli Atti degli Apostoli (At 2, 1-13)
Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Che significa questo?». Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».

Commento alla parola: l'educatrice spiega come in questo testo si veda la nascita concreta della comunità che si basa sulla presenza dello Spirito, poi chiede cosa li colpisce. ST nota che questo Vangelo è l'opposto della Torre di Babele, mentre nel passo dell'Antico Testamento le lingue degli uomini si mescolano e non si capiscono più tra loro, qui mantengono la loro lingua ma si capiscono. La edu dice che questa è una delle letture più profonde di questo testo, il centro dell'essere comunità, mantenere la diversità di ciascuno, ma avere un dialogo con tutti! Un'altra cosa che viene sottolineata è come gli apostoli sembrano ubriachi di mosto, perché chi si lascia conquistare dallo Spirito è talmente entusiasta e talmente coinvolto che a volte sembra addirittura un po' fuori!!

Canto “La preghiera di Gesù è la nostra” (con il testo sbagliato) e insieme il gesto (molto semplice, ma un evergreen). Si distribuiscono delle candeline e si spiega che se io cedo la mia candelina, la candelina io non l'ho più, ma se io accendo la candelina e cedo il fuoco, la luce, l'energia della mia candelina ecco che questa non si perde ma raddoppia con quella che ho acceso. Allora da un'unica candelina posso contagiare tante candeline e accrescere la luce e il calore, arricchendo i luogo che abito.

Preghiera “Adoro il lunedì” recitata tutti insieme - http://adoroillunedi.azionecattolica.it





lunedì 1 dicembre 2014

Incontro 3 (10/1114): Cos'è la comunità

ACG2, 10 novembre 2mila14


Cos'è la comunità?


Esercizi di teatro:
camminare senza scontrarsi
andare alla stessa velocità
fermarsi insieme e ripartire insieme
contare fino a 20 senza raddoppiarsi (quasi fatta)
partire insieme in linea (prima piano, poi di cammino sostenuto, poi di corsa)

Testo su Nomadelfia
http://www.nomadelfia.it/ita/
Sulla comunità di Nomadelfia il gruppo rimane alquanto sconcertato per la drasticità della proposta nomadelfa.

Condivisione su cos'è la comunità:
Che cosa vi ha suggerito il lavoro fatto rispetto al concetto di comunità?
Quale differenza c'è tra il concetto di società e di comunità? Per esempio pensate anche al concetto di “comunità europea”...


Segue una discussione su che cosa sia comunità, la differenza con società e quale valore questi gruppi hanno. La maggior parte dei presenti connota la comunità con un valore più positivo di società. La comunità è un gruppo più ristretto della società, lo si sceglie, si vivono le relazioni in modo più stretto, AF ha collegato la comunità all'Oratorio e alla Parrocchia. ES, riallacciandosi a Nomadelfia, aveva considerato il fatto che non c'è una legge impositiva nella comunità, ma spontaneamente si chiede il giudizio ad altri. Molti si riallacciano agli esercizi di teatro, sulla difficoltà di fermarsi insieme, che ci vuole attenzione e ascolto degli altri. AM dice che alla fine uno si fermava e gli altri di conseguenza lo seguivano, inoltre sostiene che la società abbia un valore più positivo di comunità, perché meno inclusivo e ristretto, più libera. LF invece si oppone affermando che la comunità è meno indifferente alle esigenze del singolo.

Miriam spiega la funzione delle suore e dei monaci di clausura e degli eremiti: essi sono in continuo dialogo con lo Spirito e si allontanano dalle logiche e dai ritmi del mondo per essere più attenti alla vita spirituale che è preponderante. La Chiesa poi interpella queste figure, che sono e rimangono in seno alla Chiesa, per conoscere la vita dello Spirito. Miriam risponde ad alcune domande sulla vita monastica e di clausura.
Si pensa ad incontrare una comunità di clausura questa primavera.

La conclusione è che la comunità è necessaria per conoscere e vivere Dio, perché essendo Dio amore è necessario amare gli altri per vivere la relazione amorosa che è Dio.

PREGHIERA: Insieme per credere


CANTO+segno: Jubilate Deo (cantato a più voci)
Jubilate Deo omnis terra.
Servite Domino in laetitia.
Alleluia, alleluia, in laetitia.
Alleluia, alleluia, in laetitia

Dagli Atti degli apostoli (At 4, 32-35)
La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.

Preghiera comunitaria:

  • Se la nota dicesse: “Non è una nota che fa la musica...”, non ci sarebbero le sinfonie.
  • Se la parola dicesse: “Non è una parola che può fare una pagina...”, non ci sarebbero i libri.
  • Se la pietra dicesse: “Non è una pietra che può alzare un muro...”, non ci sarebbero le case.
  • Se la goccia d'acqua dicesse: “Non è una goccia d'acqua che può fare il fiume…”, non ci sarebbe l'oceano.
  • Se il chicco di grano dicesse: “Non è un chicco di grano che può seminare il campo…”, non ci sarebbe il pane.
  • Se l'uomo dicesse: “Non è un gesto d'amore che può salvare l'umanità…”, non ci sarebbero mai né giustizia né pace, né dignità né felicità nella terra degli uomini.
  • Come la sinfonia ha bisogno di ogni nota,
  • Come il libro ha bisogno di ogni parola,
  • Come la casa ha bisogno di ogni pietra,
  • Come l'oceano ha bisogno di ogni goccia d'acqua,
  • Come la messe ha bisogno di ogni chicco,
  • L'umanità intera ha bisogno di te, qui dove sei, unico, e perciò insostituibile.
Amen.

M. Quoist


Padre nostro

martedì 4 novembre 2014

Incontro 2 - 27 ottobre 2014: Meglio soli?

Cari giovani,
mentre gustiamo una torta succulenta e pannosa vi scriviamo questo resoconto, dispiaciuti della vostra assenza (fette più grosse per tutti…) XD XD XD
Vi raccontiamo l'incontro scorso. La nostra bellissima, altissima, purissima, levissima (me lo sono scritta da sola, non è vero l'ha detto la Marta) educatrice ha sparpagliato per la stanza delle parole, ne dovevamo scegliere 2: una parola che per noi fosse significativa per la sua connotazione positiva e una parola che per noi fosse significativa per la sua connotazione negativa.
Dopo abbiamo decorato, in modalità ACR, le parole scelte con i grafismi che più ci aggradavano.

A.F.: società (-) e solitario (+)

 

A.S. : famiglia (+) e silenzio (-)

S.B.:  Team (+) e solitudine (-)



C.B.: Famiglia (+)  e solo (-)

S.T.: folla (-) e unico (+)

A.M.: Individuo (+) e apolide (-)

A.L.: unione (+) e confusione (-) 

D.N.: Insieme (+) e Singolo (-)

M.T.: massa (-) e persona (+) 

E.S: confusione (+) e folla (-)


L.F.: Società (-) e compagnia (+) 

Notiamo che le parole "collettive" sono state scelte 13 volte (8 con accezione positiva) e le parole "singolari" sono state scelte 9 volte (4 volte con accezione positiva).

Le parole non scelte: peculiare, uno, distinto, single, asociale, classe, comunità, consorzio, città, squadra, trinità, partito, gruppo (*:( triste), associazione (*:( triste)

La nostra edu ha poi fatto queste domande:
  • è meglio vivere in gruppo o da soli? 
  • È più facile vivere in gruppo o da soli?
Erika ha detto che prima bisogna star bene con se stessi e poi si può vivere bene con gli altri. Agnese ha aggiunto che nei momenti di solitudine, comunque ci si pensa in un contesto relazionale.

Miriam ci ha diviso in 3 squadre e ha lanciato la SFIDA.

Quanti momenti riuscite a trovare nella Bibbia in cui la scena è partecipata da un gruppo di persone (almeno 3 o più)? (entro 3 minuti) [Qui sotto inseriamo solo quelli corretti]
  1. L'Ultima Cena x3
  2. La Passione di Gesù x3
  3. La moltiplicazione dei pani e pesci x3
  4. L'intero Esodo x2
  5. Ingresso di Gesù a Gerusalemme x2
  6. La Pentecoste x2
  7. "Renderò i tuoi discendenti più numerosi delle stelle del cielo" x2
  8. La nascita di Gesù x2
  9. La folla sceglie Barabba x2
  10. La moltiplicazione dei pani e pesci x2
  11. Nozze di Cana x2
  12. Gesù cammina sulle acque
  13. La parabola dell'invito a nozze
  14. La consegna dei 10 comandamenti da Mosè al popolo ebraico
  15. Le novantanove pecore nell'ovile
  16. Gesù caccia i mercanti dal Tempio
  17. Resurrezione di Lazzaro
  18. L'arca di Noè
  19. La torre di Babele
  20. La pesca miracolosa
  21. Gesù viene ritrovato nel Tempio
  22. L'adorazione dei Magi
  23. Gesù appare nel cenacolo dopo la Resurrezione
  24. Gesù cammina sulle acque
  25. La parabola dell'invito a nozze
  26. La consegna dei 10 comandamenti da Mosè al popolo ebraico
  27. Le novantanove pecore nell'ovile
  28. Gesù caccia i mercanti dal Tempio
  29. Resurrezione di Lazzaro
  30. L'arca di Noè
  31. La torre di Babele
  32. La pesca miracolosa
  33. Gesù viene ritrovato nel Tempio
  34. L'adorazione dei Magi
  35. Gesù appare nel cenacolo dopo la Resurrezione
  36. "Qual è il comandamento più grande? Ama Dio e ama il prossimo"
  37. Tabor
  38. Zaccheo
  39. Mosé divide le acque
Quanti momenti riuscite a trovare nella Bibbia in cui la scena è partecipata da 2 persone? (entro 3 minuti) [Qui sotto inseriamo solo quelli corretti]
  1. Il ritorno a casa del figlio prodigo x2
  2. Abramo sacrifica Isacco x2
  3. Gesù e Pilato x2
  4. Il buon samaritano salva lo sventurato x2
  5. Adamo ed Eva x2
  6. Pietro e Gesù x2
  7. Giuseppe e Maria a Betlemme x2
  8. Gesù agonizza nel Getzemani
  9. Gesù e Satana nel deserto
  10. La samaritana al pozzo che incontra Gesù
  11. Pietro e Giovanni al sepolcro
  12. Mosè e il roveto ardente
  13. Dio consegna i 10 comandamenti a Mosè
  14. Caino e Abele
  15. L'Annunciazione
  16. Giovanni Battista con Gesù
  17. Maria e Maddalena (Magnificat)
  18. Paolo incontra Dio sulla via di Damasco
  19. Mosè parla con Dio
  20. Abramo parla con Dio
  21. Noè parla con Dio
  22. Creazione dell'uomo
  23. I discepoli di Emmaus rimasti soli

Quanti momenti riuscite a trovare nella Bibbia in cui la scena è partecipata da 1 sola persona? (entro 3 minuti) [Qui sotto inseriamo solo quelli corretti]
  1. Dio prima della Creazione dell'uomo x3
  2. Il figlio prodigo nel momento del pentimento x2
  3. Il suicidio di Giuda x2
  4. Il pentimento di Pietro
  5. La parabola del seminatore
Pensiamo alle sacre scritture, le pagine collettive e le pagine individuali… che cosa notiamo?
Miriam sottolinea come sia evidente che sono pochissime le scene individuali, perché la Bibbia racconta di una relazione tra Dio e l'uomo, invece le scene di maggior peso (per esempio nelle istituzioni dei sacramenti) sono sempre collettive. Alberto M. non è molto d'accordo: ci sono comunque molte scene in cui c'è un rapporto a tu per tu con Dio. Gesù si ritira spesso da solo a pregare. Miriam conferma, anche tutti i profeti hanno un rapporto personale e intimo con Dio, eppure i momenti più salienti rimangono comunitarie anche i momenti solitari con Dio rimandano a una condivisione comunitaria o seguono una condivisione comunitaria.
Pensate anche al Tabor, quando Pietro vuole rimanere isolato sul monte…

La fede cattolica è una fede comunitaria, una questione collettiva. La fede cristiana non può essere vissuta come qualcosa di unicamente personale. Erica fa notare che però c'è il rischio contrario: se uno vive solo la fede nei momenti comunitari, rischia di "subirla" più che sceglierla… vero!! Eppure i momenti più forti nella vita di fede, i sacramenti, non possono essere vissuti in modo individuale, Dio pretende che per aprirci a lui ci apriamo ai fratelli "Non puoi amare Dio che non vedi, se non ami il fratello che vedi" (1Gv 4,20)

Domande di condivisione:
  • La fede è meglio viverla in gruppo o da soli? È più facile viverla in gruppo o da soli?
  • Avevate mai pensato a questo aspetto della fede?
  • Perché, secondo voi, la fede funziona così?

    Ci abbiamo pensato una settimana e le conclusioni sono che:
    Alberto F. ritiene che il tema sia ancora in sospeso e quindi fatica ad arrivare alle conclusioni: dobbiamo approfondire
    Luca pone la questione degli eremiti (a cui si era già accennato brevemente)
    Stefano vorrebbe maggior luce sul concetto di comunità, cosa significa propriamente
    Agnese vorrebbe avere più indicazioni sul perché è meglio vivere la fede in modo collettivo piuttosto che personale da poter "fornire" a chi invece ritiene la fede solo fatto personale
    Albero vorrebbe anche conoscere quelle realtà fortunatamente comunitarie come Romena o Nomadelfia.



Preghiera: Meglio soli?

CANTO: La preghiera di Gesù è la nostra
Dove due o tre sono uniti nel mio nome,
io sarò con loro, pregherò con loro, amerò con loro
perché il mondo creda a Te,
o Padre, conoscere il tuo amore, avere vita con Te.
Voi che ora siete miei discepoli nel mondo,
siate testimoni di un amore immenso,
date prova di quella speranza che c'è in voi Coraggio!
Vi guiderò per sempre, io rimango con voi.
Ogni beatitudine vi attende nel mio nome,
se sarete uniti, se sarete pace,
se sarete uniti perché voi vedrete Dio che è Pace
in Lui la nostra vita gioia piena sarà!
Spirito che animi la Chiesa e la rinnovi,
donale la fortezza, fa che sia fedele
come Cristo che muore e risorge,
perché il Regno del Padre si compia in mezzo a voi:
abbiate fede in Lui.

Dal Vangelo di Matteo (Mt 22, 34-40)
In quel tempo, i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si
riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla
prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?»
Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con
tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile
a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti
dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Preghiera comunitaria:
Signore, aiutaci a costruire una vera comunità
di persone libere e responsabili
che sanno reciprocamente accettarsi e rispettarsi
nelle loro diversità e difetti,
che non convivono insieme solo fisicamente,
ma che comunicano, in una profonda apertura d’animo, la loro interiorità.
Aiutaci ad essere persone
che sanno donare e ricevere,
che sono capaci di condividere,
di portare i pesi gli uni degli altri
per soffrire e godere insieme,
che si perdonano l’un l’altro con generosità,
capaci di una riconciliazione continua.
Aiutaci ad essere persone
consapevoli dei propri limiti
che accettano e si impegnano
in una attiva collaborazione
a formare una comunità d’amore e di servizio.
Amen

Padre nostro recitato tutti insieme in un abbraccino collettivo.

lunedì 20 ottobre 2014

Incontro 1 - 13 ottobre 2mila14: Se ho paura...


Gruppo giovani Gussago – Lunedì 13 ottobre

Carissimi giovani,
quest'anno, a differenza dall'anno scorso, la nostra edu non ha più voglia di scrivere mail di riepilogo degli incontri svolti. Così tocca a noi aggiornarvi sul nostro magnifico incontro (solo per questa volta, sia chiaro...).
La sera di lunedì scorso abbiamo iniziato ufficialmente il nostro percorso … il tutto ha avuto luogo in un posto un po' “insolito”. In cappella, avvolti dal lezzo dei piedi scalzi, ci siamo accomodati (alcuni un po' troppo) sui cuscini, immersi in un'atmosfera soffusa grazie al lume di una candela. A questo punto è iniziato il momento di preghiera che si è protratto per tutta la serata. La nostra amata educatrice :D ci ha invitati a chiudere gli occhi per vivere in modo più intenso la lettura del Vangelo, intervallata da alcune provocazioni e accompagnata da effetti speciali (la registrazione del mare in tempesta e il ventilatore che ricreava il vento).

Dal Vangelo secondo Marco (6,45-52)
Dopo che furono saziati i cinquemila uomini, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsaida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.
(accensione ventilatore)
Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. 
(accensione del suono della tempesta)
Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. 
PROVOCAZIONI:
La Paura: Quali sono le tue paure? Non le fobie: i ragni, il buio, gli aghi... qual è la tua grande paura nel vivere? Come si chiamano le tue tempeste? Cosa ti spaventa, cosa ti fa dubitare di te stesso/a e della tua vita? A cosa non vuoi pensare perché hai paura di affrontarlo?
Ti fa paura:

  • l'abbandono delle persone care? Il restare da solo o da sola?
  • La sofferenza fisica? La sofferenza morale?
  • La malattia, tua o dei tuoi cari? La morte?
  • Subire del male? Della cattiveria? Subire delle ingiustizie?
  • Sbagliare le scelte importanti? Oppure ti fa paura non riuscire a portarle a compimento?
  • Non sentirti all'altezza della situazione? Non sentirti “abbastanza”?
  • Ti fanno paure le conseguenze delle tue azioni?
  • Far del male a qualcuno, con una parola sbagliata, con un gesto incompreso, per una disattenzione?
  • Subire il giudizio delle persone? Subire le critiche e le malelingue? Sentirti mortificato?
  • Non sentirti accolto/accolta? Non sentirti accettato/ accettata per quello che sei?

Cosa ti fa paura? Magari c'è più di una cosa che ti fa paura, ma quella che ti fa più paura fermala nella mente e dalle un nome, trova il modo per nominarla, un'espressione che poi scriverai, per adesso tienila in mente.

Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma", e cominciarono a gridare, perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. 
PROVOCAZIONI:
La Barca: Ad affrontare la tempesta sei su una barca, cos'è che ti tiene a galla quando affronti la paura che hai pensato? Cosa ti può aiutare ad affrontare quella paura?

  • L'affetto delle persone care? La famiglia: mamma, papà, fratelli, sorelle? Gli amici? La fidanzata o il fidanzato?
  • Parlare con queste persone ti aiuta ad affrontare la paura?
  • Ti aiuta il fermarti a fare delle considerazioni? Ti aiuta prendere tempo per pensarci con calma?
  • Ti aiuta il non pensarci? Il rimandare?
  • O magari ti aiuta agire senza pensarci troppo?
  • Ti aiuta pensare o confrontarti con chi condivide la tua stessa posizione, la tua stessa paura?


Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: "Coraggio, sono io, non temete!". Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò.
Ed erano interiormente colmi di stupore, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

PROVOCAZIONI:
Nella paura chi è Gesù per te?

  • È un fantasma? Un'entità che conosci fin da quando sei piccoli, una presenza che ha un qualche significato, ma che in effetti non è una vera presenza definita? È qualcosa che è lì nella testa, un pensiero un po' consolatorio, ma nulla di veramente effettivo?
  • Oppure è una persona reale, con cui mi confronto? Una persona a cui faccio affidamento nella paura? Qualcuno che se mi dice “Coraggio” io posso farmi forza?


Dopo aver concluso la lettura del vangelo, aprendo gli occhi, siamo passati dal buio e dalla tempesta alla luce di una croce composta da candele. Siamo stati invitati a trascrivere sul foglio della preghiera le nostre risposte e riflessioni sulla paura, sulla barca e sul rapporto con Gesù e dobbiamo conservarle, pregarci su e usarle come riferimento per verificare il nostro percorso interiore personale durante quest'anno.
Al termine dell'incontro, Miriam ci ha illustrato il modo con cui possiamo avere un rapporto personale con Dio secondo i Padri della Chiesa. Ancora oggi per noi liturgia, carità (amore per il prossimo) e studio (conoscenza dei testi sacri) sono i luoghi indispensabili per avere un'esperienza di fede. Ciascuno di noi, in modo personale e anonimo, ha messo un segno ( - ) per indicare una carenza e un altro ( + ) dove si sentiva più ferrato. La carità era quella su cui quasi tutti si sentivano un pochino più sicuri, mentre il dubbio sorgeva sullo studio e  specialmente sulla liturgia.
Con il canto e l'insegnamento di Don Tonino Bello ci siamo salutati e augurati buona notte.



Preghiera: Se ho paura...

Canto: SEI FUOCO E VENTO
In un mare calmo e immobile
con un cielo senza nuvole
non si riesce a navigare proseguire non si può.
Una brezza lieve e debole
poi diventa un vento a raffiche
soffia forte sulle barche e ci spinge via da qua.
Come il vento dà la forza
per viaggiare in un oceano
così Tu ci dai lo Spirito che ci guiderà da Te…

RIT. Sei come vento che gonfia le vele
sei come fuoco che accende l’Amore
sei come l’aria che si respira libera
chiara luce che il cammino indica.

Nella notte impenetrabile
ogni cosa è irraggiungibile
non puoi scegliere la strada
se non vedi davanti a te.
Una luce fioca e debole
sembra sorgere e poi crescere
come fiamma che rigenera e che illumina la vita.
Come il fuoco scioglie il gelo
e rischiara ogni sentiero
così Tu riscaldi il cuore di chi Verbo annuncerà… RIT


Riflessione:
Nel Libro di Isaia, al capitolo 21, si trova una frase che a molti sarà sembrata decontestualizzata, messa lì come un masso erratico. Dice di un uomo che di notte passa sotto le mura di una città dell’Oriente – potrà essere Gerusalemme o Babilonia o Ninive – e si rivolge alla sentinella che fa la guardia sulle mura per chiedere: «Sentinella, quanto manca della notte?». Lo chiede due volte: «Sentinella, quanto resta della notte?».E quella risponde: «Resta poco, perché le prime luci dell’alba stanno già indorando l’orizzonte».
Ora, anche noi credenti, nonostante tutto, al mondo che sta a terra e chiede: «Sentinella, quanto resta della notte?», dovremmo essere in grado di rispondere: «Coraggio, resta poco!». Dovremmo avere il coraggio di rispondere così: «Resta poco!». Con le parole e con la vita.
Vi faccio questo augurio. Che anche voi, scrutando i segni, possiate dire così: Resta poco della notte, perché il sole sta già inondando l'orizzonte. Allenatevi al cambio. Custodite l’antico, ma non chiudetevi all’inedito. Levate il capo per intuire i tempi che arrivano."
Don Tonino Bello

sabato 10 maggio 2014

Epilogo

Introduzione alla Fan Fiction 

Questa Fan Fiction è strettamente legata al 7° libro di Harry Potter, quindi a coloro che non l’hanno ancora letto sconsiglio caldamente la lettura. L’universo in cui è ambientata l’intera vicenda e moltissimi personaggi che la animano sono opera della straordinaria Rowling, che ha saputo creare un mondo affascinante e ricco di spunti così originali da riuscire a scatenare l’immaginazione dei suoi affezionati lettori, tuttavia ho voluto narrare una storia che non avesse come protagonisti gli stessi creati da questa autrice fantastica, ma di nuovi nati comunque per diretta ispirazione.

Leggi il I capitolo

Leggi il capitolo precedente

Immagine da Web tratta da Harry Potter i doni della morte - II parte

Epilogo

Nicky era seduta dietro un alto bancone ed esaminava sorridente il contenuto di un ordine appena arrivato: “Calmante per bacchette - 100 flaconi”. Con cura lo prese e lo infilò nello scaffale dietro di lei, una boccetta per volta.
- Ciao mamma! - entrò improvvisamente un ragazzino di circa dieci anni, coperto di fango e foglie secche.
- Nicolas! - eclamò la donna - Cosa ti è successo!? -
- Oh, niente... sono caduto - il ragazzino abbassò lo sguardo nocciola colpevole.
- Nicolas... - lo richamò la madre con un tono di rimprovero.
- Due idioti dicevano che tu non dovevi vivere qui perché sei una babbana! - urlò il piccolo con lacrime di rabbia agli angoli degli occhi.
Nicky gli fece un sorrisone affettuoso e lo strinse a sé, coccolandolo al seno. 
- Che sciocco sei stato, Nick! - disse asciugandogli gli occhi - Ma te ne sono grata -.
Poi si rivolse all’angolo del negozio dove l’anziano Olivander, lucidava alcune bacchette.
- Signor Olivander, potrebbe dare una pulita a mio figlio? -
Con un sorriso compassionevole, l’uomo gettò un Gratta e Netta al bambino, che venne ripulito istantaneamente.
- Ma, mamma, come fai a sopportare tutto questo? - fece imbronciato Nicolas.
In quel momento entrarono una ragazzina sui tredici anni e una di otto, che si tenevano per mano.
- Ciao ma’! -
- Ciao mamma! -
- Ciao, avete catturato tanti onischi? - chiese la madre affettuosa, baciandole entrambe sulla fronte.
- No - fece amareggiata la più grande. La mamma sorrise, come sicura di quel risultato.
- Ma come fai tu a prenderne così tanti? -
- Quando sarai più grande, te lo mostrerò - rispose la donna pratica.
Nicolas scrutava imbronciato sua madre, che ancora non gli aveva risposto. Nicky se ne accorse.
- Vedi Nicolas, è vero io non ho poteri magici, ma secondo te c’è un incantesimo che farebbe cambiare idea ai tuoi amici? - chiese tenera.
- Non sono miei amici - borbottò Nick.
- D’accordo, ma c’è un incantesimo simile? -
Nicolas rimase pensoso, mentre la sorella più grande alzava la mano per rispondere.
- Dicci Sara! - disse la donna non levando gli occhi dal maschietto.
- Non c’è un incantesimo, ma esiste la maledizione Imperio - fece saccente la ragazzina.
- Ma non farebbe cambiare idea a quei ragazzi, non farebbe capire loro che sbagliano giusto? -
- Giusto - confermò Sara con un deciso movimento del capo.
- Vedi Nicolas io non ho poteri magici, ma mi è stato concesso il potere di far cambiare il male in bene - e guardò l’anziano che sorrideva nell’angolo del negozio, mentre lustrava le sue bacchette.
- Non credi che sia molto meglio - strizzò l’occhio al figlio.
Il bambino sgranò gli occhi nocciola - Me lo dai anche a me, mamma, quel potere? - domandò supplice.
- Sto cercando di dartelo, Nicolas - sospirò nei suoi capelli mentre lo baciava nuovamente.
- Sorpresa! - disse entrando un uomo alto e castano, lievemente brizzolato.
- Papà! - esclamarono i tre bambini, correndo intorno al nuovo arrivato.
Nat prese in braccio la più piccola, mentre diede la mano destra a Nicolas e prese sotto braccio Sara. Sua moglie contemplava la scena, sorridendo un po’ imbronciata.
- Ehi non c’è spazio per me! - si lamentò. 
- Io credo che qui sulla mia faccia ci sia spazio per te - ribatté Nat.
- Sciocco - rise la donna e gli diede un bacio sulla guancia.
- Ok! Truppa su a lavarvi tutti! Fra poco mamma chiude il negozio e viene a darvi da mangiare! -
Nat mise giù la bimba e sfidò i suoi figli: - Il primo che arriva non prepara il tavolo! - e scattò sulle scale.
- Ma papà non è giusto - vociarono i bambini alle sue spalle, correndogli dietro.
- È un bambino! - rise Nicky.
- Buona sera! - una famigliola entrò nel negozio di bacchette.
- Ciao Ginny! Ciao Harry! - esclamò la donna, tendendo le mani verso la cliente.
- Ciao Nicky, siamo qui per la bacchetta di Albus! - fece la signora Potter, prendendo le mani della Signora Dayton nelle sue e stringendole calorosamente. 
- Non è troppo tardi? - chiese preoccupato Harry.
- Assolutamente no! - rispose Nicky e si rivolse al giovane cliente - Ciao Albus! Allora ti è arrivata la lettera per Hogwarts, speriamo che Nicolas ti raggiunga il prossimo anno -.
Il ragazzino annuì timido con i suoi grandi occhioni verdi.
- Mi raccomando tienilo fuori dai guai, ok? - gli strizzò l’occhio. 
Mentre le due donne parlavano, Olivander si avvicinò ad Harry silenzioso.
- Grazie ancora signor Potter per avermi concesso la custodia cautelare -
- Glielo avrò ripetuto un migliaio di volte, deve ringraziare Nicky e Nat - sorrise l’uomo, spettinandosi la zazzera nera.
La bacchettaia, dopo aver misurato per bene il suo cliente, si spostò dietro il bancone.
- Allora secondo me abbiamo tanta Terra e anche una bella scintilla di Fuoco - pensò ad alta voce la donna, tirando fuori una scatolina amaranto.
- Provala - disse porgendo una bella bacchetta mogano al bambino.
Albus la scosse dall’alto verso il basso e scintille viola e rosse si accesero dalla punta, danzando per la stanza.
- Perfetta - disse soddisfatta la donna.
Dopo qualche chiacchiera mentre imbustava la bacchetta, il trio si allontanò salutando calorosamente la bacchettaia.
Olivander si avvicinò silenzioso e disse: - Ancora non capisco come tu faccia al primo colpo... -
- Forse, signor Olivander, ho ancora un po’ di magia in me - fece tranquilla la donna.
L’anziano si allontanò, annuendo.
- O forse - continuò la donna, mentre girava l’insegna da “Aperto” a “Chiuso” - c’è più magia nei babbani di quanto i maghi pensino -. La donna gli sorrise dolcemente e Olivander rimase pensieroso.
Nicky ruppe il silenzio - Allora si ferma a cena? -.




Mi lasciate un commento? Vi è piaciuta la mia storia? Per favore?

domenica 27 aprile 2014

Oltre il velo

Introduzione alla Fan Fiction 

Questa Fan Fiction è strettamente legata al 7° libro di Harry Potter, quindi a coloro che non l’hanno ancora letto sconsiglio caldamente la lettura. L’universo in cui è ambientata l’intera vicenda e moltissimi personaggi che la animano sono opera della straordinaria Rowling, che ha saputo creare un mondo affascinante e ricco di spunti così originali da riuscire a scatenare l’immaginazione dei suoi affezionati lettori, tuttavia ho voluto narrare una storia che non avesse come protagonisti gli stessi creati da questa autrice fantastica, ma di nuovi nati comunque per diretta ispirazione.
Immagine dal Web - Il velo nell'Ufficio Misteri


Oltre il velo

Wendy e i suoi compagni arrivarono al Ministero alle prime luci dell’alba.
La ragazza aveva un aspetto decisamente spettrale, segno di una notte passata insonne, e ora sbadigliava sonoramente. Sandy invece era radiosa, come suo solito. I lucenti capelli biondi e mossi erano lasciati liberi sulle spalle minute, coperte da un leggero strato di tessuto setoso e aderente, color verde bottiglia. Walter era dietro a tutti, pallido e taciturno, con lo sguardo blu cobalto attento a tutto quello che accadeva loro intorno, come una severa guardia del corpo. Raymond era alle spalle del padre, che apriva la piccola comitiva. Un sorriso sornione e uno sguardo furbo restituiva un’immagine di estrema sicurezza, quasi di vittoria, contrariamente a quello dei suoi coetanei.
Sebbene fosse molto presto, il Ministero era già insolitamente animato. Quando raggiunsero l’ampissimo ingresso attraverso il grosso camino della metropolvere, notarono molti impiegati presi a controllare elenchi e note di pergamene lunghe fino ai piedi, incantatori di prima decorazione magica che allestivano nastri dorati e nutrivano piccole fate lucenti ancora addormentate, globi opachi ammonticchiati negli angoli e pronti ad essere elevati e fatti risplendere poco prima dell’inaugurazione, prevista alle undici in punto.
Un mago piccolo e dall’aria burocratica venne incontro al signor Emberce.
- Buongiorno è venuto così presto per accomodarsi ai posti migliori? - fece con una vocetta stridula occhieggiando la comitiva.
- Oh, no - fece l’uomo con una smorfia snob - ho del lavoro importante da sbrigare presso l’amministrazione dei rapporti diplomatici per conto della mia nuova cugina! - e si trasse vicino l’assonnata Wendy.
- Oh, ho capito! Nicky Knightly, mia figlia Orla me ne ha parlato... - il maghetto guardò la ragazza da dietro gli occhiali impolverati, Wendy incrociò il suo sguardo e arrossì, poi l’ometto fece un sorriso stranamente divertito e continuò - E come mai con tutti questi ragazzi? - indicò alle sue spalle con la lunga penna d’aquila che stringeva nella mano sinistra.
- Io dovrò fermarmi per diverse commissioni al Ministero e pensavo che questi ragazzi potessero fermarsi alla festa - fece annoiato il nobile.
- Bene, bene... La lascio ai suoi impieghi - e se ne trotterellò via.
- Ottima scelta questa data, papà - commentò il ragazzo rosso.
- Non sono uno sprovveduto - si vantò l’uomo e procedettero.
- Benvenuto Signor Olivander! - disse la stessa vocetta acuta di prima e la compagnia si girò.
- Buongiorno, buongiorno signor Quirke - disse con calma cortese Olivander.
La compagnia riprese a camminare lentamente e si portò verso un ascensore che giunse con uno sferragliare rumoroso e aprì le griglie dorate, ospitandoli.
- Posso unirmi a voi - fece la voce calma di Olivander.
- Certamente - gli fece posto il signor Emberce con una cortesia che non avrebbe mai rivolto non solo ad un estraneo, ma neppure ad un mago qualsiasi.
Il piano era di girare per qualche corridoio e farsi notare da qualcuno, ma fu perfettamente inutile visto che nel resto del Ministero non c’erano maghi o streghe intenti nel lavoro di routine: tutti erano nell’atrio a preparare i festeggiamenti e l’accoglienza agli ospiti di riguardo.
Ritornarono all’ascensore in fondo al luminoso corridoio da cui filtrava ormai la luce del sole, spuntato all’orizzonte.
- Che strano! Ero convinta di essere sottoterra - commentò Wendy guardando fuori dalla finestra.
- Lo sei! - spiegò Raymond - Ciò che appare alle finestre è un incantesimo, l’ufficio manutenzione avrà pensato che oggi sarebbe stato meglio presentare una giornata radiosa - sbottò con sufficienza - ma per noi questa è la giornata giusta - e le afferrò la mano stringendola.
Wendy fece un’espressione indecifrabile.
- Molto bene credo che ora possiamo scendere all’Ufficio Misteri - sorrise il signor Emberce soddisfatto di come si stava profilando l’evento.
L’ascensore cominciò a scendere con il suo sferragliare pigro. La mano di Raymond si attardava sulla mano di Wendy, che però con garbo la tolse per coprire un ulteriore sbadiglio, mentre con l’altra si sfregava gli occhi. Poi rilasciò entrambi le mani lungo il corpo e Raymond le ricatturò la sinistra nella propria destra.
Finalmente le porte si aprirono sul corridoio dell’Ufficio Misteri. Le pareti al contrario dei piani precedenti erano spoglie, buie e prive di finestre. L’espressione assonnata di Wendy divenne attenta e guardinga, come appena svegliata da una secchiata d’acqua gelida.
- Hai freddo? - gli chiese Raymond, forse sentendola tremare.
- No - rispose lei sinceramente, concentrata sul fondo del corridoio, in cui appariva una porta nera.
- Eccovi - fece la sgradevole vocetta della Umbrige dietro di loro, sbucando da una scaletta laterale a chiocciola, con lei apparvero Emily e altri tre maghi sconosciuti.
- Tempistica perfetta, Dolores - sottolineò Emberce.
- Sapevo che sareste scesi presto - disse la Umbridge, buttando un’impercettibile occhiata al collo di Wendy.
- Perfetto, credo sia il caso di proseguire - commentò Olivander, che tra tutti sembrava ora quello più emozionato.
Fu la Umbridge a prendere il comando della comitiva, aprì la porta nera con una tale familiarità che sembrava stesse accogliendo ospiti nella propria casa.
La stanza era completamente nera: nero il pavimento, nere le pareti, nero il soffitto, nere le porte che circondavano il perimetro. L’unica cosa a rompere quell’oscurità opprimente erano i grappoli di candele dalla lugubre luce blu, che ardevano alle pareti, specchiandosi nella lucida superficie del pavimento. Qualcuno vestito solo di nero avrebbe potuto nascondersi tranquillamente in qualche angolo e non sarebbe stato scorto.
Wendy tremava visibilmente, mentre Sandy dovette appoggiarsi a Walter: sudava freddo. La Umbridge sorrideva maligna.
Dopo che tutti furono passati attraverso la porta spalancata, essa fu chiusa e la stanza prese a girare vorticosamente. Le luci delle candele formarono scie chiuse ad anello vorticanti sopra le loro teste, peggiorando il senso di nausea delle due ragazze. Improvvisamente si arrestarono. Le Portatrici boccheggiavano, mentre gli altri apparivano disorientati, tutti tranne la donna con la sgradevole faccia da rospo.
- Ray - intimò con autorità.
- Sì? - fece Raymond recuperando stabilità.
- Qual è la porta più fredda? - chiese.
Raymond meditò un attimo concentrandosi. - Questa - ne indicò una dietro il padre.
- Bene, andiamo -.
Entrarono in un’ampia stanza rettangolare, che sprofondava in una conca rocciosa, fatta a grandi gradoni come un’arena e nello spiazzo centrale, nella parte più bassa, sorgeva sopra una piattaforma un antichissimo arco in pietra, screpolato dal tempo. L’arco era chiuso da una tenda sottile e logora, scossa da una lieve brezza che lo faceva ondeggiare, benché l’aria intorno fosse completamente ferma, come rivelavano le fiamme delle fiaccole che restituivano un fioco bagliore in quella profondità.
Tutti guardavano l’arco come ipnotizzati dal movimento lieve e lento della tenda e scesero dalle gradinate senza osare levare lo sguardo dal centro della stanza.
Quando furono tutti di fronte o dietro l’arco, difficile a dirsi visto che era uguale da entrambi i lati, fu Olivander a rompere il silenzio.
- Bene Wendy, adesso devo chiederti di sederti e tentare di rilassarti - prendendola per le mani, l’accompagnò al gradone più basso, dove la fece accomodare.
- Vieni anche tu Walter - lo invitò con un cenno Olivander, poi ritornò a guardare Wendy con l’intensità dei suoi occhi, addirittura spettrali in quella luce e in quell’atmosfera.
- Espandete il vostro pensiero in tutta questa stanza, cogliete i pensieri di tutti... - disse loro, continuando a guardare Wendy.
Wendy e Walter inspirarono a fondo e chiusero gli occhi. Per una frazione di secondo Walter increspò le labbra in un sorriso di sollievo e Wendy arrossì, poi Walter scattò in piedi e guardò nervosamente uno dei maghi sconosciuti, anche Wendy ne seguì il movimento, inquieta.
- Chi è quell’uomo! - fece Walter con voce ferma, ma carica di sospetto. A Wendy cominciò a tremare il mento e il labbro inferiore mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
- Sì, Wendy cara - Olivander rispose allo sguardo muto della ragazza - quello è tuo padre o meglio il suo corpo -.
I Portatori guardarono il mago immobile, con lo sguardo privo di ogni luce, che fissava davanti a sé senza vedere niente. Un guscio vuoto, un cadavere mobile.
- Tu e Walter l’avete notato perché non avete sentito i suoi pensieri e neppure un muro di Occlumanzia, solo... -
- ... un abisso vuoto - terminò Walter. Olivander annuì.
- Non ti abbiamo detto che l’avremmo portato, per non sollecitarti ancora di più Wendy. Ma ovviamente appena avrai tratto la sua anima al di qua del velo, doveva pur esserci il corpo per ospitarla -.
- D’accordo, non voglio perdere un minuto di più: sono pronta. Cominciamo! - disse risoluta la ragazza, alzandosi e portandosi avanti pochi metri al centro dell’arco. Sandy si mise alla sua destra, Walter subito dietro di lei e Raymond alla sua sinistra. Wendy cadde in trance, rimanendo in piedi ferma e immobile. Una folata di vento attraversò la tenda dell’arco.

Wendy era oltre l’arco, o meglio la sua aurea, simile a lei, vestita come lei, solo più sfumata e opalescente. Intorno alla ragazza c’erano anime che volavano, estremamente meno definite, sbrindellate, lacerate, che gridavano. Alcune di paura, alcune di frustrazione, alcune di orrore, ma dentro ogni grido c’era la profonda nota della disperazione e dell’angoscia.
La ragazza si tappò le orecchie e si accasciò come schiacciata da tutto quel tormento, ma le urla non le sentiva con le orecchie e quel gesto istintivo e naturale era perfettamente inutile. Era accucciata e fece per piangere ma neppure una lacrima le rigò il volto.

I tre Portatori in semicerchio intorno al corpo di Wendy cercavano di concentrare il proprio potere sulla ragazza, come se tre raggi di luce convergessero in una lente e rimandassero un fascio di luce più intenso. Quando abbondanti lacrimoni scesero dagli occhi vuoti della ragazza, Olivander si inquietò.
- Ragazzi concentratevi di più! - li rimproverò ed essi chiusero gli occhi e scesero meglio nel centro del loro potere. La tensione era palpabile e fendeva l’aria come una densa nebbia.
Poco dopo le lacrime dagli occhi di Wendy cessarono e sul suo volto, ancora contratto, riapparve una nuova determinazione.
- Bene! - commentò Olivander rassicurato.
Non fece in tempo a dirlo che dalla bocca di Wendy uscì un urlo di terrore straziante, ma subito cessò.
- Cosa starà succedendo? - disse Sandy in preda all’angoscia.
- Rimanete concentrati, il luogo in cui si trova deve essere un terribile supplizio, forse lo sta esplorando - fece Olivander serio.

L’anima di Wendy era chinata su se stessa, con gli occhi stretti, mentre gli spiriti dei disperati continuavano a svolazzare con le loro urla. Tra i suoni spettrali e inquietanti Wendy percepii una voce preoccupata.
- Nicky -
L’anima guardò davanti a lei e improvvisamente gli apparve davanti un cordino rosso, che si muoveva ondeggiando come un cobra davanti alla preda. Wendy lo fissò senza sentirsi minacciata, allungò la mano e lo prese, mentre la corda si rilassò immediatamente nel suo palmo. Meravigliata Wendy cercò l’origine di quel cordoncino rosso e si accorse che ai suoi piedi c’erano alcuni nastri, uno era dorato, uno era color zaffiro e l’ultimo era uno strano color rosso sangue, lievemente inquietante. Wendy prese anche i primi due, oltre il primo cordoncino rosso, ma non osò toccare il nastro color sangue. Si alzò e fece due passi, i nastri si allungavano rimanendo saldi alla loro invisibile origine. Wendy non si sarebbe persa, finché fosse rimasta attaccata a quei legami. Si rivolse con più coraggio verso il fondo di quel tunnel spaventoso, ancora ridondante di urla e gemiti imploranti.
Cercando di evitare con lo sguardo quelle terribili apparizioni, fissava i propri piedi, ma ancora una volta fu presa dall’orrore e lanciò un urlo, ma dalle sue labbra tremanti non uscì alcun suono. Vicino a dove si trovava c’erano parecchi corpi privi di vita, con le espressioni contratte dal dolore e dallo sgomento. Di alcuni erano rimasti solo scheletri, altri erano in decomposizione. Il corpo di un uomo vicino ai suoi piedi stringeva una bacchetta nera e quel poco che rimaneva delle labbra tracciava uno strano sorriso divertito. Ripresa dal turbamento iniziale, Wendy fissò la bacchetta, cercò la sua, ma, non trovandola, tentò di recuperare quella del cadavere. Le dita inconsistenti non poterono afferrare nulla, attraversando la superficie legnosa della bacchetta. Spaventata guardò la mano con cui teneva i lacci, ma quelli rimanevano saldi, chiusi nel suo palmo.
Superò i cadaveri, che erano ammonticchiati solo all’inizio del percorso, e si inoltrò in quello spazio nero e opprimente. Tentava di non badare alle grida intorno a lei, ma alcune di queste urla erano davvero laceranti, violente, piene di rabbia. In quelle voci grondava tutto il sangue di crimini efferati e di mutilazioni abnormi. Alcune erano cariche di angosciata innocenza, di sopruso, di tormento inquieto e provenivano da forme più integre e delineate, più simili a quelle della ragazza oltre il velo. Wendy scelse di avvicinarsi a queste.
- susanne -
Sentì un suono familiare, lontano.
Tentò di avvicinarsi.
- Susanne -
Il suono era più vicino.
- Susanne -
Wendy vide un’anima seduta che si teneva le ginocchia strette intorno al petto e dondolava avanti indietro.
- Susanne... Susanne... Susanne... - continuava a ripetere, con il medesimo tono, la medesima cadenza.
Wendy tentò di articolare con le labbra la parola “papà”, ma ancora una volta non uscì da lei alcun suono, mentre l’anima continuava il suo dondolio nostalgico.

- Papà? - domandò improvvisamente la voce di Wendy. Tutte le persone intorno a lei sobbalzarono.
- L’ha trovato! - esclamò Emberce.
- Così sembrerebbe - confermò Olivander - Non deconcentratevi ragazzi, adesso è il momento più delicato -.

L’anima di Wendy sembrò concentrarsi in un pensiero e benché le sue labbra non si mossero, sentì la sua voce pronunciare: - Papà... -
La figura di Lyonel Locke non si scompose e continuò con la propria cantilena, non cessando di cullarsi.
Wendy gli si avvicinò, mettendosi di fronte. Lo sguardo di Lyonel era fermo, impassibile, perso in un altro tempo, in un’altra vita.
- Susanne... Susanne... Susanne... -
- Papà sono io - lo guardò con affetto la ragazza, poggiando le mani sulle spalle dell’uomo.
- Papà sono Wendy, tua figlia - si passò una mano sulla guancia, ma non c’erano lacrime da asciugare. Per un brevissimo attimo lo sguardo di suo padre si spostò.
- Sono venuta per portarti indietro, vuoi venire... - Wendy lo prese per un polso e tentò di sollevarlo da terra, ma l’uomo fece un gesto violento e si liberò, riprendendo la cantilena.
Wendy lo lasciò e si sedette accanto a lui, cingendogli le larghe spalle con un braccio e con l’altra mano gli stringeva l’avambraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla seguiva il suo dondolio. Poi chiuse gli occhi, facendosi cullare dalla sua voce. Wendy si stava addormentando, nonostante il dolore, nonostante l’angoscia e le urla.
Improvvisamente riaprì gli occhi, la mano di suo padre stava accarezzando la sua appoggiata all’avambraccio. Wendy intrecciò le sue alle dita del padre.
- Susanne, sei tu? - chiese il padre finalmente rispondendo alla sua presenza.
- No, mi dispiace - ancora Wendy deglutì un singhiozzo asciutto, privo di lacrime.
- Ma le somigli così tanto - la scrutò il padre, pronunciando quelle parole con tormento.
Wendy gli sorrise - Lei era mia madre -.
L’uomo sembrò non ascoltarla, preso da un suo pensiero. - Anch’io sorridevo in quel modo, tanto tempo fa -.
- Sì, papà - confermò la ragazza.
- Wendy? - chiese il padre.
- Sì, papà sono io! - Wendy gli buttò le braccia al collo e il padre la strinse con affetto.
- Non ti hanno ucciso, non ti hanno ucciso... Lio, Lio ti ha salvata! - gioiva Lyonel Locke.
Wendy si riscosse un attimo e buttò un’occhiata preoccupata alla sua mano destra. I due nastri stavano sbiadendo velocemente, l’unico legame che rimaneva nella sua mano era il cordino rosso.
- Sta succedendo qualcosa di strano, papà... Dobbiamo andare, tornare indietro - disse allarmata.

Il corpo di Wendy era immobile, gli occhi fermi continuavano a rilasciare un pianto triste, sommesso. Tutti avevano il fiato sospeso cercando di interpretare i segni sul volto della ragazza. L’unica persona a non fissare il viso della Portatrice dell’Aria era la Umbridge che teneva gli occhi stretti in modo maligno sul volto imperturbabile di Lyonel Locke. Solo lei si accorse di un rapidissimo saettare negli occhi dell’uomo, ritornati subito immobili e persi. Questo la inquietò per un istante e trasse la bacchetta dalle pieghe della gonna scozzese.
- Oh no, no, no! - gemeva Olivander, vedendo che la ragazza in trance stava chiudendo lentamente gli occhi.
Dolores Umbridge abbassò la bacchetta, ma non distolse lo sguardo dal Custode dei Poteri.
- Li riapre, li riapre - esclamava eccitato Emberce.
- Coraggio Wendy, forse ci sei - la incoraggiava Olivander.
Dagli occhi di Lyonel cominciarono a scorrere lacrime di commozione, ora tutti si accorsero dei mutamenti anche sul volto del padre di Wendy. La sua bocca sorrise pronunciando: - Wendy -.
Una scossa di entusiasmo e ilarità attraversò tutti gli spettatori di quell’incredibile ricongiungimento familiare, ma l’eccitazione durò molto poco.
- Stupeficium -.
Un incantesimo sbattè Walter addosso a Sandy ed entrambi i ragazzi Portatori rovinarono sulle gradinate.
Olivander si voltò di scatto confuso, recuperò la propria bacchetta, ma troppo lentamente per fermare l’incantesimo che stava per colpire Wendy ancora in trance.
Fu come vedere una scena al rallentatore, gli occhi terrorizzati di Olivander, Dolores Umbridge che scagliava un guizzo rosso verso Wendy e un fascio bianco, proveniente dalla metà delle gradinate, deviarlo in alto verso l’invisibile soffitto, mentre, da dietro uno svolazzante nulla, comparve Nat, con la bacchetta puntata a proteggere Wendy.
In quell’istante ci fu un’irruzione di sei persone all’interno della stanza dell’arco. I membri della setta storica erano confusi e imbarazzati, non sapendo da che parte dovevano schierarsi, ma optarono per contrastare i disturbatori. Dolores lanciò un incantesimo della pastoia a un già pietrificato Raymond e si ostinò a colpire Wendy, protetta ancora una volta da Nat. Emily cominciò a duellare contro Etty. Il signor Emberce seguì l’esempio della sorella cercando di contrastare un giovane agguerrito della famiglia degli Weasley. Dannis Cannon, Ralph e Mike Dayton tentavano di tenere a bada gli altri due maghi.
Olivander si mise a difesa di Lyonel Locke in caso di colpo deviato, afferrando velocemente quello che era successo.
- Dolores perché lo hai fatto, ora Wendy non potrà più tornare! - le gridò l’uomo anziano.
Improvvisamente il respiro di tutti si fece vaporoso e la stanza si riempì di Dissennatori, la Umbridge, protetta da un luminescente gattino, appariva soddisfatta e continuava a ostinarsi su Nat. Cominciarono a comparire incantesimi patroni anche dai più giovani combattenti, ma i Dissenatori si lanciarono sui Portatori svenuti e indifesi.
Lisa era comparsa a proteggere Sandy e Walter, ma venne circondata e il suo Patrono, un bel pavone, si smaterializzò, Mike cercò di darle man forte.
I Dissennatori attaccarono solo la combriccola di intrusi, permettendo ai membri della setta di cominciare a respingere facilmente gli attacchi degli invasori, che si trovarono a combattere sui due fronti.
Olivander continuava a chiedere: - Cosa state facendo? Proteggete i Portatori! Perché Dolores? Perché? -.
La Umbridge si volse feroce verso il vecchio fabbricante di bacchette.
- Mi chiedi perché?! Non potevo permettere che quel traditore ritornasse in vita, ecco perché! La punizione che gli avevo inflitto era quella giusta, doveva crogiolarsi nella sua disperazione per l’eternità. Rifiutare me per una stupida babbana, tradire il suo sangue purissimo e la sua missione per una ragazza inutile!! - poi si rivolse verso Nat che continuava a essere tra lei e Wendy - No, nessuna figlia di babbana, può essere una Portatrice, lei si perderà nell’oblio come suo padre e io stessa ne distruggerò il corpo! - lo disse con una voce lacrimevole e malvagia allo stesso tempo.
Nat fu attaccato da un dissennatore che dissolse la sua lince Patrono.
- Expelliarmus! - urlò la Umbridge facendogli volare via la bacchetta - E ora mio caro eroe, saprai in che dolore è stato immerso il nostro Custode per questi anni vedendo morire inerme la propria amata - sorrise commossa la Umbridge.
Una bacchetta nera fu scagliata dall’arco di pietra verso Nat che l’afferrò urlando: - Stupeficium! -.
La Umbridge volò all’indietro, cadendo sul lastricato di pietra e la battaglia riprese senza esclusione di colpi. Emberce si era scagliato con nuova violenza sul suo antagonista che aveva rivelato la sua vera identità allo scadere della Pozione Polisucco.
- Luke! - disse pieno di sdegno.
- Non posso dirmi contento di rivederti Richard! - esclamò ironico Luke Locke attaccando il padre di Raymond.
Wendy ritornò in sé e sfoderò immediatamente la bacchetta. Anche l’incantesimo che teneva legato Raymond si sciolse.
- Allora ti è arrivata la bacchetta! - esclamò Wendy soddisfatta, guardando la mano di Nat.
- Direi di sì! - rispose Nat, lanciandosi a recuperare la sua.
Wendy alzò la bacchetta su Olivander. Suo padre era dietro di lui, incapace di muoversi, seguiva la scena con terrore, impotente dopo anni lontano dal proprio corpo.
- Si allontani da mio padre - gli intimò, minacciosa.
- Veramente, Nicky, lo sta difendendo... - precisò Nat - Ma perché tuo padre non reagisce? -
In quel momento il ragazzo fu colpito alle spalle da uno schiantesimo che lo gettò a terra.
- Nat! - urlò Wendy.
Raymond lo fissava a terra con gli occhi pieni di odio. - Crucio! -
Nat cominciò a muoversi convulsamente. La ragazza gettò diversi getti rossi al Portatore del fuoco, ma Raymond li deviò facilmente, senza neppure usare la bacchetta.
- Fermati Raymond! Fermati - gridò la ragazza, guardando Nat in preda alle convulsioni.
Olivander stava respingendo i Dissennatori intorno a lui e a Lyonel sempre con maggior fatica.
Walter, rinvenuto, riuscì a bloccare Raymond con un nuovo incantesimo della pastoia, liberando dalla tortura Nat. Sandy, al suo fianco, emanò il potere della terra, che si sollevò come una nebbia argentata e bluastra simile alla sostanza dei Patroni, e con un bagliore respinse tutti i Dissennatori.
Wendy si era lanciata al fianco di Nat, per controllarne la condizione, ma si girò immediatamente alle parole della Umbridge.
- Avada Kedavra! -.
- Noooo!!! -. Wendy corse verso il padre, che si stava accasciando senza vita, con lo sguardo spento sulla figlia.
Wendy si alzò con uno sguardo furente verso la Umbridge, che sghignazzava portandosi una mano alla bocca per asciugarsi il sangue dal labbro.
La Portatrice dell’aria alzò entrambe le mani al cielo e subito con un movimento imperioso le abbassò velocemente, completamente concentrata sul proprio potere. Un turbine di vento circondò la Umbridge, che si accasciò tossendo, non ricevendo più aria.
Nat guardò la scena impallidito, poi si alzò e corse verso la ragazza.
- Nicky... Nicky, no! Non farlo! Nicky!! -.
La ragazza era completamente trasfigurata in una parvenza maestosa e terribile, guardava con un sorriso la Umbridge che diventava sempre più cianotica, mentre si spegneva, circondata da un muro impenetrabile di vento.
- Nicky, guardami! Sono io, tu non vuoi diventare un’assassina. Knightly, tu non vuoi essere la Portatrice dell’aria - la supplicava Nat, con le lacrime agli occhi.
Wendy guardò il ragazzo e tornò in sé. - No, io non voglio... -.
Il turbine di vento scomparve, lasciando la Umbridge a tossire a e sputacchiare per terra, mentre cercava di respirare.
Wendy si guardò intorno come appena risvegliata da un incubo e supplicò il ragazzo che la teneva per le spalle.
- Nat, io voglio che il Portatore dell’Aria e del Fuoco non esistano più - disse con semplicità stupita Wendy e fu scossa da un tremito.
- Stupida! Non dirlo! - gridò Emily, che distratta fu colpita da uno schiantesimo e perse i sensi.
- Avada Kedavra - la Umbridge lanciò verso Wendy la Maledizione senza perdono.
Ma Luke Locke, poco distante, si lanciò nella traiettoria del guizzo verde facendosi colpire in pieno petto.
- Avada Kedavra - questa volta fu Olivander a scagliare la Maledizione contro la Umbridge, che si accasciò morta.
Una squadra di Auror fece irruzione nel salone, bloccando tutti.
Intervenne Olivander e, confessando i propri reati, indicò gli altri membri della setta. Furono tutti portati via.
Wendy piangeva sul corpo del padre e dello zio, Nat le era vicino e in silenzio condivideva il suo dolore. Dopo qualche minuto la ragazza ruscì a ricomporsi e tra i singhiozzi riuscì a dire: - Sai voleva rivedere mia madre, non voleva ritornare in un mondo in cui lei non c’era più. Per questo ho impiegato tanto a convincerlo a tornare. Aveva deciso di farlo solo perché voleva dire allo zio Luke che non era stata colpa sua... - la voce si ruppe ancora, mentre le lunghe dita continuavano ad accarezzare i capelli castani dalle mille sfumature, così simili ai suoi.
Nat le avvolse le spalle con maggiore forza, rimanendo in silenzio.
Due Auror si fecero vicini e avvolsero tutti i corpi in una nube violetta, per condurli in una zona predisposta del Ministero, come spiegarono a Wendy, dopo averla allontanata con dolcezza dal cadavere del padre.
- Walter - chiamò Wendy - puoi liberare Raymond dall’incantesimo, ormai non ha più nessun potere -
- Cosa?! - esclamarono insieme Nat e Walter.
- Come me anche lui ha perso i suoi poteri, la Portatrice dell’Aria ha espresso il suo ultimo desiderio e tutti i Poteri si piegano alla volontà della Portatrice dell’Aria - spiegò calma Wendy, poi sorrise - Ebbene sì adesso siamo entrambi babbani -.
Raymond sentì queste parole e si lanciò contro la ragazza in modo feroce.
- Tu! Tu mi hai rovinato! - urlò accusandola.
- Credo sarà meglio portarti via ragazzo - lo agguantò un Auror - tuo padre si chiederà come stai... - e lo trascinò via, mentre ancora imprecava, cercando si lanciare inutilmente incantesimi contro tutti.
Wendy prese poi la bacchetta nera che fino a poco prima era vicina al corpo del padre e fece per restituirla al velo. Nat le prese la mano prima che lo facesse.
- Questa da dove viene? - chiese alla ragazza.
- C’era un corpo oltre il velo che la stringeva, credo sia caduto dentro combattendo -.
- Posso tenerla io, forse so di chi è? - disse Nat, fissando la bacchetta.
- Certo - gli sorrise tristemente Wendy, poi si strappò il ciondolo e lo gettò oltre il velo.

L’atrio del Ministero era colmo di gente, mentre il Primo Ministro enunciava le migliorie e i progetti che intendeva proporre dopo l’oscuro periodo sotto Voldemort.
Nat si avvicinò ad Harry, tenendo per mano Nicky.
- Grazie mille Harry, mi è stato molto utile - e dicendo questo trasse un fagotto piegato di un tessuto liscio e argenteo, dalla trina sottilissima.
- Felice di esserti stato d’aiuto, ma vorrei sapere cos’è successo giù all’Uffico Misteri? - gli sorrise Harry, prendendo il fagotto.
- Magari più tardi ti racconterò i dettagli, però prima volevo darti un’altra cosa - e gli porse la bacchetta di legno nera.
Harry sgranò gli occhi e lo fissò con aria interrogativa e sbigottita.
- Dove? Come?... Come hai avuto la bacchetta di Sirius?! -
- Puro caso... ma l’ho riconosciuta dopo averla vista durante il mio secondo anno, quando Black fu catturato a Hogwarts e gli fu sottratta la bacchetta, la vidi in mano a Piton. Credo che debba tenerla tu... -
- Grazie - disse commosso Harry.
- No, grazie a te... di tutto! - con la destra gli strinse la spalla e si allontanò.
- Mi chiedevo una cosa - chiese Nicky mormorando all’orecchio di Nat - sapevo che eri al Ministero trasformato nell’impiegato che ci ha fermato stamattina, ma come hai fatto a renderti invisibile nella stanza dell’arco? -
- Grazie al mantello dell’invisibilità che ho appena restituito -
- Non posso credere che vi abbia aiutato Harry Potter... - replicò ammirata Nicky.
- Non gli abbiamo detto che era una cosa tanto pericolosa, se no ci avrebbe seguito e ci sembrava giusto tenerlo lontano: lui ha già affrontato la sua terribile guerra - fece pratico Nat.
- Sai che mi hai salvato l’anima oltre alla vita, vero? - Nicky lo guardò con intensità.
- No - disse sinceramente stupito Nat.
- Oltre l’arco c’è stato un solo legame che mi ha potuto tenere collegata a questo mondo, se tu non fossi stato con me dall’inizio mi sarei perduta - gli strinse la mano e lo baciò sulla guancia.
Per una volta Nat non ebbe nulla da replicare.
A Harry fu dato l’onore di svelare la nuova fontana del Ministero che apparve in mezzo ad uno scoppiettio e ad uno scintillio dei migliori fuochi d’artificio freddi del Dott. Filibuster.
La statua ritraeva una rappresentazione plastica e strabiliante. Tutte le specie magiche, un mago, una strega, un elfo domestico, un centauro, un goblin, un gigante, erano avvolte in un’allegra danza e munite di bacchetta puntavano al centro della fontana, da cui scaturiva un magnifico getto, che zampillava e si divideva in mille rivoli.
Grandi lettere maiuscole dedicavano la statua “Al coraggio di coloro che si sono sacrificati per la dignità di ogni creatura magica” e sotto si riportava una citazione, suggerita, come spiegò Kingsley Shaklebolt, da Harry Potter stesso:

“Sono le scelte che facciamo,

che dimostrano quel che siamo veramente,

molto più delle nostre capacità"
Albus Silente

Fine


Epilogo