Il tema di questo incontro è il rito e per introdurlo ci siamo avvalsi dell'aiuto di due attori che ci hanno interpretato parte di questo famosissimo capitolo del Piccolo Principe. Li ringraziamo ancora vivamente!!
Da Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry, Ed. Bompiani, Milano
«La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù, in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...».
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
«Per favore... addomesticami», disse.
«Volentieri», rispose il piccolo principe, «ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose.» «Non si conoscono che le cose che si addomesticano», disse la volpe. «Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!»
«Che bisogna fare?», domandò il piccolo principe.
«Bisogna essere molto pazienti», rispose la volpe. «In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino...»
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
«Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora», disse la volpe. «Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e a inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti.»
«Che cos’è un rito?», disse il piccolo principe.
«Anche questa è una cosa da tempo dimenticata», disse la volpe. «È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza.»
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
«Ah!», disse la volpe, «... piangerò.»
«La colpa è tua», disse il piccolo principe, «io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi...»
«È vero», disse la volpe.
«Ma piangerai!», disse il piccolo principe.
«È certo», disse la volpe.
«Ma allora che ci guadagni?»
«Ci guadagno», disse la volpe, «il colore del grano.»
Poi aggiunse:
«Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto».
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
«Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente», disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ora è per me unica al mondo.»
E le rose erano a disagio.
«Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.»
E ritornò dalla volpe.
«Addio», disse.
«Addio», disse la volpe. «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.» «L’essenziale è invisibile agli occhi», ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
«È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.»
«È il tempo che ho perduto per la mia rosa...», sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
«Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...»
«Io sono responsabile della mia rosa...», ripeté il piccolo principe per ricordarselo.
È seguita una discussione tra le affinità e le differenze tra la Routine e il Rito, che ha prodotto il seguente cartellone, dove le parole appartenenti solo alla categoria Routine sono a sinistra, quelle appartenenti solo alla categoria Rito sono a destra, al centro compaiono le categorie di entrambi concetti. Era facile cogliere (e i presenti lo hanno colto egregiamente) il nesso con la Liturgia tra Rito e Routine…
In seguito l'educatrice, introdotta da uno degli attori ha presentato un esercizio teatrale del metodo Strasberg, riproducendo senza alcun oggetto a supporto, la propria colazione. Durate l'esperimento, sebbene la concentrazione fosse scarsa e lo studio a monte poco approfondito e la capacità dell'attrice scarso, si è percepita comunque la dimensione intima della colazione, il suo silenzio, il disorientamento del risveglio, la stanchezza...
Citiamo da web [http://www.postpopuli.it/15277-teatro-il-metodo-strasberg/] "Strasberg si fece promotore della “memoria emotiva”, una funzione del cervello orientata al ricordo delle emozioni e delle reazioni conseguenti, dalla quale nacque una tecnica focalizzata più sulla modalità espressiva di un’emozione che sul riconoscimento dello stato d’animo ad essa associato."
Significa che se l'attore studia attentamente i suoi gesti quotidiani e li ripropone, anche decontestualizzati, con concentrazione è in grado di esprimere l'emozione e quindi di evocare il sentimento emotivo e la sensazione che quei gesti riescono a dare all'azione. Più i gesti e le parole sono precisi, più sono evocativi.
La parte interessante non è tanto a livello teatrale, ma come di fatto la liturgia "funzioni" allo stesso modo: una serie di gesti "precisi", "studiati", "evocativi" hanno la potenza di fare "memoria emotiva" (ma non solo emotiva) evocando un gesto di migliaia di anni di storia, per interposta persona, rendendolo vero e autentico oggi. Ovviamente il Rito eucaristico è più reale, perché subentra l'azione dello Spirito, ma è interessante come esso trovi riscontro pieno in una logica umana, così umana da diventare schema di recitazione.
Allora la dimensione che divide la routine dal rito è il grado di consapevolezza che dedico al rito, se do importanza, attenzione, cura ai gesti che compio, per me diventano rito, non li subisco, li scelgo. L'intenzionalità diventa per noi la chiave corretta per vivere la Liturgia come Rito e non subirla come routine.
Preghiera
Dal Vangelo di Luca (Lc 24,13-39)
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno , che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Commento: Sono state dette parecchie cose interessanti e mi pento di non essermele segnate perché meritavano! Gesù ti accompagna, Gesù ti lascia libero di proseguire senza di lui, il discorso sull'incredulità degli apostoli che non hanno fiducia del racconto della risurrezione… questo Vangelo è ricchissimo, ma una critica interessante è quella di A.S., che trova poco verosimile che gli apostoli non abbiano riconosciuto Gesù. Probabilmente, spiega A.S., è necessaria una lettura più profonda: noi inizialmente non riconosciamo Gesù nell'altro, solo se lo frequentiamo e condividiamo la strada con l'altro riconosciamo Gesù in lui.
Ottima lettura che ha dato spunto per il commento "legato al tema". Prima nota: verissima e bellissima la lettura più profonda, ma c'è anche quella più letterale, gli apostoli non hanno riconosciuto Gesù perché era trasfigurato, aveva un'altra dimensione fisica dopo la risurrezione (ma per adesso non abbiamo la minima idea di come potrebbe essere).
L'altra indicazione interessante è: quante volte Gesù si mostra sull'altare nella Messa, ce lo dice, ma noi non lo riconosciamo?
Il Vangelo di Emmaus ha suggerito lo schema della messa e la Preghiera Eucaristica proposta come preghiera comunitaria lo dimostra. Nella Messa Gesù ci spiega il senso della scrittura e spezza il pane per noi, come ha fatto per Clèopa e l'altro (quando l'altro non è nominato si riferisce a ciascuno di noi), ma spesso noi non lo riconosciamo, non ci accorgiamo che sia con noi e non lo invitiamo a fermarci con noi… Quando ci arde il cuore, quando "ci siamo", siamo consapevoli, allora accogliamo la relazione che Egli ci sta proponendo. Certo ci serve la consapevolezza, ma siamo qui per lavorarci (il modulo continua).
Preghiera eucaristica
Ti glorifichiamo, Padre santo:
tu ci sostieni sempre nel nostro cammino
soprattutto in quest'ora in cui il Cristo, tuo Figlio,
ci raduna per la santa cena.
Egli, come ai discepoli di Emmaus,
ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.
Ti preghiamo, Padre onnipotente,
manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino,
perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi
con il suo corpo e il suo sangue.
Gesto il tatto (sarà esplicato nell'incontro sul Mistero)
Canto: COME FUOCO VIVO
Come fuoco vivo si accende in noi
un'immensa felicità,
che mai più nessuno ci toglierà,
perché tu sei ritornato.
Chi potrà tacere, da ora in poi,
che sei tu in cammino con noi,
che la morte è vinta per sempre,
che ci hai ridonato la vita?
Spezzi il pane davanti a noi,
mentre il sole è al tramonto:
ora gli occhi ti vedono, sei Tu!
Resta con noi.
E per sempre ti mostrerai,
in quel gesto d'amore:
mani che ancora spezzano,
pane d'eternità.