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domenica 22 marzo 2015

9 marzo 2mila15 - Riti di Miti

Il tema di questo incontro è il rito e per introdurlo ci siamo avvalsi dell'aiuto di due attori che ci hanno interpretato parte di questo famosissimo capitolo del Piccolo Principe. Li ringraziamo ancora vivamente!!

Da Il piccolo principe, Antoine de Saint-Exupéry, Ed. Bompiani, Milano

«La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi laggiù, in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticata. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano...».
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
«Per favore... addomesticami», disse.
«Volentieri», rispose il piccolo principe, «ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose.» «Non si conoscono che le cose che si addomesticano», disse la volpe. «Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico, addomesticami!»
«Che bisogna fare?», domandò il piccolo principe.
«Bisogna essere molto pazienti», rispose la volpe. «In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino...»
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
«Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora», disse la volpe. «Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e a inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore... Ci vogliono i riti.»
«Che cos’è un rito?», disse il piccolo principe.
«Anche questa è una cosa da tempo dimenticata», disse la volpe. «È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza.»
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
«Ah!», disse la volpe, «... piangerò.»
«La colpa è tua», disse il piccolo principe, «io non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi...»
«È vero», disse la volpe.
«Ma piangerai!», disse il piccolo principe.
«È certo», disse la volpe.
«Ma allora che ci guadagni?»
«Ci guadagno», disse la volpe, «il colore del grano.»
Poi aggiunse:
«Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto».
Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
«Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente», disse. «Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico e ora è per me unica al mondo.»
E le rose erano a disagio.
«Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.»
E ritornò dalla volpe.
«Addio», disse.
«Addio», disse la volpe. «Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.» «L’essenziale è invisibile agli occhi», ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
«È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.»
«È il tempo che ho perduto per la mia rosa...», sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
«Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa...»
«Io sono responsabile della mia rosa...», ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

È seguita una discussione tra le affinità e le differenze tra la Routine e il Rito, che ha prodotto il seguente cartellone, dove le parole appartenenti solo alla categoria Routine sono a sinistra, quelle appartenenti solo alla categoria Rito sono a destra, al centro compaiono le categorie di entrambi concetti. Era facile cogliere (e i presenti lo hanno colto egregiamente) il nesso con la Liturgia tra Rito e Routine…



In seguito l'educatrice, introdotta da uno degli attori ha presentato un esercizio teatrale del metodo Strasberg, riproducendo senza alcun oggetto a supporto, la propria colazione. Durate l'esperimento, sebbene la concentrazione fosse scarsa e lo studio a monte poco approfondito e la capacità dell'attrice scarso, si è percepita comunque la dimensione intima della colazione, il suo silenzio, il disorientamento del risveglio, la stanchezza...
Citiamo da web [http://www.postpopuli.it/15277-teatro-il-metodo-strasberg/] "Strasberg si fece promotore della “memoria emotiva”, una funzione del cervello orientata al ricordo delle emozioni e delle reazioni conseguenti, dalla quale nacque una tecnica focalizzata più sulla modalità espressiva di un’emozione che sul riconoscimento dello stato d’animo ad essa associato." 
Significa che se l'attore studia attentamente i suoi gesti quotidiani e li ripropone, anche decontestualizzati, con concentrazione è in grado di esprimere l'emozione e quindi di evocare il sentimento emotivo e la sensazione che quei gesti riescono a dare all'azione. Più i gesti e le parole sono precisi, più sono evocativi. 
La parte interessante non è tanto a livello teatrale, ma come di fatto la liturgia "funzioni" allo stesso modo: una serie di gesti "precisi", "studiati", "evocativi" hanno la potenza di fare "memoria emotiva" (ma non solo emotiva) evocando un gesto di migliaia di anni di storia, per interposta persona, rendendolo vero e autentico oggi. Ovviamente il Rito eucaristico è più reale, perché subentra l'azione dello Spirito, ma è interessante come esso trovi riscontro pieno in una logica umana, così umana da diventare schema di recitazione.
Allora la dimensione che divide la routine dal rito è il grado di consapevolezza che dedico al rito, se do importanza, attenzione, cura ai gesti che compio, per me diventano rito, non li subisco, li scelgo. L'intenzionalità diventa per noi la chiave corretta per vivere la Liturgia come Rito e non subirla come routine.

Preghiera

Dal Vangelo di Luca (Lc 24,13-39)

Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno , che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro  Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Commento: Sono state dette parecchie cose interessanti e mi pento di non essermele segnate perché meritavano! Gesù ti accompagna, Gesù ti lascia libero di proseguire senza di lui, il discorso sull'incredulità degli apostoli che non hanno fiducia del racconto della risurrezione… questo Vangelo è ricchissimo, ma una critica interessante è quella di A.S., che trova poco verosimile che gli apostoli non abbiano riconosciuto Gesù. Probabilmente, spiega A.S., è necessaria una lettura più profonda: noi inizialmente non riconosciamo Gesù nell'altro, solo se lo frequentiamo e condividiamo la strada con l'altro riconosciamo Gesù in lui. 
Ottima lettura che ha dato spunto per il commento "legato al tema". Prima nota: verissima e bellissima la lettura più profonda, ma c'è anche quella più letterale, gli apostoli non hanno riconosciuto Gesù perché era trasfigurato, aveva un'altra dimensione fisica dopo la risurrezione (ma per adesso non abbiamo la minima idea di come potrebbe essere). 
L'altra indicazione interessante è: quante volte Gesù si mostra sull'altare nella Messa, ce lo dice, ma noi non lo riconosciamo? 
Il Vangelo di Emmaus ha suggerito lo schema della messa e la Preghiera Eucaristica proposta come preghiera comunitaria lo dimostra. Nella Messa Gesù ci spiega il senso della scrittura e spezza il pane per noi, come ha fatto per Clèopa e l'altro (quando l'altro non è nominato si riferisce a ciascuno di noi), ma spesso noi non lo riconosciamo, non ci accorgiamo che sia con noi e non lo invitiamo a fermarci con noi… Quando ci arde il cuore, quando "ci siamo", siamo consapevoli, allora accogliamo la relazione che Egli ci sta proponendo. Certo ci serve la consapevolezza, ma siamo qui per lavorarci (il modulo continua).

Preghiera eucaristica

Ti glorifichiamo, Padre santo: 
tu ci sostieni sempre nel nostro cammino 
soprattutto in quest'ora in cui il Cristo, tuo Figlio, 
ci raduna per la santa cena. 
Egli, come ai discepoli di Emmaus, 
ci svela il senso delle Scritture e spezza il pane per noi.

Ti preghiamo, Padre onnipotente, 
manda il tuo Spirito su questo pane e su questo vino, 
perché il tuo Figlio sia presente in mezzo a noi 
con il suo corpo e il suo sangue.

Gesto il tatto (sarà esplicato nell'incontro sul Mistero)

Canto: COME FUOCO VIVO
Come fuoco vivo si accende in noi
un'immensa felicità,
che mai più nessuno ci toglierà,
perché tu sei ritornato.
Chi potrà tacere, da ora in poi,
che sei tu in cammino con noi,
che la morte è vinta per sempre,
che ci hai ridonato la vita?

Spezzi il pane davanti a noi,
mentre il sole è al tramonto:
ora gli occhi ti vedono, sei Tu!
Resta con noi.

E per sempre ti mostrerai,
in quel gesto d'amore:
mani che ancora spezzano,
pane d'eternità.

giovedì 19 marzo 2015

2 marzo 2015 - Sacrificio per passione


L'incontro è cominciato con la Lettura scelta per la Preghiera

Dalla prima Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi (1Cor 11, 23-29)
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. 

Questo brano di San Paolo è il primo testo che i cristiani hanno conosciuto sull'Ultima Cena e in particolar modo sul rito dell'Eucarestia. Paolo è piuttosto severo riguardo all'atteggiamento da assumere rispetto alla Liturgia eucaristica e le sue parole ci spaventano un po': "mangia e beve la propria condanna" è piuttosto forte. Paolo è contemporaneo di Gesù e conosce molto bene la crocifissione e la flagellazione, aveva bene negli occhi quello che Gesù, che è Dio, aveva patito. Pensiamo alle parole di San Paolo mentre vediamo alcune parti scelte dal film The Passion.

Introduzione alle parti

Questo film è stato molto discusso, in particolare per l'eccessività di alcune scene, molti pezzi sono esasperati ed esagerati, però sono molto interessanti le scelte fate per il montaggio. Il film narra dall'arresto fino alla morte in croce, con una rapidissima scena sulla resurrezione. 
Durante la Passione ci sono interessanti flashback in punti salienti, la scelta è stata legare la morte di Gesù sulla croce al rito eucaristico e questi rimandi vogliono proprio dare un evidente collegamento tra le due cose. 
In particolare vediamo come la figura di Giovanni sia quasi assente rispetto alla tragedia che si consuma, quasi "imbambolato", in realtà la figura di Giovanni, su cui spesso partono questi flashback, sembra che stia rievocando la passione attraverso una Messa postuma, come se stia rielaborando il lutto della morte di Gesù in una contemplazione mistica del suo significato salvifico.
Nella liturgia infatti noi non facciamo tanto MEMORIA dell'Ultima Cena, ma facciamo MEMORIA della morte in croce di Gesù e della sua vittoria sulla morte. Quando Gesù insegna agli apostoli il segno del pane e del vino, insegna loro come ricordare correttamente la sua morte e la sua resurrezione, perché è la sua morte, il suo SACRIFICIO, a dare significato allo spezzare del pane e al versare del vino.

Primo spezzone: La flagellazione

La tortura è esasperata dalle scene di sangue, nel senso che se fosse stato realmente così Gesù sarebbe morto prima di dissanguamento, certo è che il regista Gibson h voluto coinvolgere il pubblico nel dolore con lo strumento visivo, perché non poteva coinvolgerlo altrimenti. Ma al di là della forte impressione fisica che ci dà assistere alla tortura, ci sono quattro cose molto interessanti per capire la Liturgia e quindi il senso:
  1. la presenza continua del diavolo a rappresentare "l'ultima tentazione". Quando pensiamo alla morte in croce di Gesù dobbiamo tenere ben presente il Vangelo delle tentazioni (infatti è il primo Vangelo dell'inizio della Quaresima): le tentazioni infatti ci fanno capire qual è l'idea di Dio che Gesù intende trasmetterci. La richiesta diabolica di trasformare i sassi i pietre vorrebbe un Dio che deve soccorrere le mie esigenze: se ho fame mi deve nutrire, se sono malato mi deve guarire, se non ho un lavoro me lo deve far trovare, ma il Dio di Gesù non è così. La richiesta di saltare giù dal tempo e sopravvivere vorrebbe un Dio super-eroe, che fa miracoli, magico, ma il Dio di Gesù non è neppure questo. La richiesta di adorare il diavolo vorrebbe un Dio che pur di conquistare gli uomini, cede al male, ma il Dio di Gesù non ci vuole sudditi o schiavi, vuole che impariamo ad amarlo liberamente.
  2. la flagellazione ci mostra quindi qual è la vera natura del Dio di Gesù: un Dio che pur di non violentare la nostra libertà ci permette di violentarlo, ha un tale rispetto del nostro libero arbitrio che se noi decidiamo di picchiarlo, lui si fa picchiare, se noi desideriamo ucciderlo, lui si fa uccidere, ma non ferma la nostra volontà, non limita la nostra libertà. Questo è il Dio di Gesù.
  3. Maria non capisce come mai il Figlio accetta questa tortura (infatti dice più o meno che il Figlio può fare cessare tutto quando lo avrebbe ritenuto opportuno). Neppure Maria, che è l'essere umano in assoluto più consapevole della divinità del Figlio, riesce a capire perché il Figlio di Dio accetti tutto questo. L'immagine di Dio che Gesù ci restituisce è quindi originale, nuova, lontana da ogni logica umana: è una RIVELAZIONE. Noi esseri umani non saremmo mai giunti a una tale consapevolezza del significato e dell'identità divina senza Gesù, infatti la religione cristiana è l'unica rivelata, cioè Dio stesso si è rivelato!! E quale strumento ha scelto per protrarre questa rivelazione? La liturgia: il pane e il vino.
  4. - il flashback sulla lavanda dei piedi riprende il concetto sopra detto sul rispetto della nostra libertà e un altro: nel Vangelo di Giovanni, prima della Passione di Cristo, non c'è il pane e il vino, ma la lavanda dei piedi. Essa è un altro segno che Gesù compie come MEMORIALE del suo SACRIFICIO, ci indica la via per conoscerLo: mettersi a servizio dei fratelli, questo santifica (=rende di Dio) la nostra esistenza.


Secondo spezzone: l'incontro con la Madre sulla Via Crucis

Il pezzo preferito dalla educatrice, la quale sostiene che solo questo pezzo renderebbe degna tutta la pellicola. In questo pezzo si vede che Maria soccorre Gesù caduto sotto la croce e il ricordo di lei che soccorre il piccolo Gesù, ma la parte interessante è Gesù che le dice "Ecco io faccio nuove tutte le cose". Questo verso è dell'Apocalisse di Giovanni (guarda caso nel film Giovanni è proprio lì che vede e ascolta tutto, furbetto!), messo qui assume un significato spettacolare poiché spiega come Gesù stia con la sua Passione rinnovando non solo l'immagine che gli uomini devono avere di Dio (vedi spiegazione precedente), ma rinnova anche la morte e, quindi, rinnova anche la vita e quindi rende nuova anche la nostra natura umana e quindi… (potrei andare avanti all'infinito).

Terzo spezzone: spoliazione, crocifissione, morte, deposizione dalla croce e resurrezione.

La scena di Gesù spogliato delle vesti intervallata dalla scena del pane scoperto nel cestino, la scena di Gesù steso sulla croce con la scena dell'Ultima Cena, la scena dei chiodi che trafiggono le mani di Gesù con la scena del vino versato nel calice, Gesù innalzato sulla croce con Gesù che alza il pane e dice "Questo è il mio corpo reso in sacrificio per voi", il sangue che scorre dalla croce con la scena in cui Gesù parla del sangue versato per la Nuova Alleanza. 
Il pane è formato da grani di frumento macinati e impastati, poi viene ulteriormente spezzato per essere mangiato. Il vino è formato da chicchi di uva spremuti, lasciati riposare (3 giorni nel sepolcro) e poi versati nei calici per essere bevuto. Entrambi questi segni evocano lo strazio, la lacerazione, il morire e il trasformarsi in qualcosa d'altro per essere condiviso e nutrire gli uomini, questa è la via che Dio ha scelto per farsi conoscere dagli uomini.
La costruzione delle scene della crocifissione di The Passion, decisamente ben pensata, fa emergere chiaramente quanto la liturgia eucaristica (lo spezzare del pane e il versare del vino) sia collegata alla morte in croce di Gesù. Il sacrificio di Gesù non è inteso che ha fatto una cosa sgradevole per salvarci, ma è sacrificio inteso come "sacrum facere" = rendere sacro! Con il SACRIFICIO liturgico, Gesù rende sacro il pane e il vino che diventano il suo corpo e il suo sangue, nutrendoci di questi noi stessi diventiamo sacri, perché questi alimenti si mescolano al nostro corpo e al nostro sangue. Gesù rende sacra la morte, che è il luogo della non relazione, con la morte non è possibile nessuna relazione neanche noi con il nostro corpo, Gesù entra nella morte, si fa inghiottire dalla morte per potere dire all'uomo che anche lì, nel luogo della non relazione, l'uomo può avere una relazione con Dio, Dio può andare anche lì, può superare anche questo confine. 
Quando Gesù entra nella morte diventa il passaggio che permette all'uomo morto di mantenere un legame con Dio ("Io sono la via, la verità e la vita") e quindi di ritornare alla vita per mezzo di lui che è il Signore della Vita. Allo stesso modo, anche se in modo "separato" Gesù entra nel peccato, si fa peccato (che è il luogo della non relazione con Dio) per permettere a chi è nel peccato di passare attraverso di Lui per ritornare a Dio. Tutto questo entrare nella morte e nel peccato, per Gesù, che è il Signore della Vita ed è l'Agnello senza macchia, è assolutamente lacerante, straziante. Egli ha compromesso la sua intera essenza per permettere all'uomo la redenzione, noi non possiamo lontanamente immaginarci quale sofferenza esistenziale Gesù ha sofferto con la morte di croce ("Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato", per questo nessun essere umano potrà mai soffrire una morte simile.
Altra chiarificazione indispensabile, durante l'Ultima Cena non avviene una liturgia sacramentale, perché non essendo ancora morto in croce il SACRIFICIO non era ancora compiuto. Con l'Ultima Cena Gesù spiega ai discepoli quali gesti dovranno compiere per fare MEMORIA del SACRIFICIO e quindi rendere possibile la Sua Presenza Reale nel pane e nel vino. Per questo motivo la Liturgia Eucaristica è MEMORIA del Passione, Morte e Resurrezione non tanto la Memoria dell'Ultima Cena.
Un'altra esagerazione di Mel Gibson è il tempio che si spezza a metà per il terremoto, i Vangeli scrivono "il velo del tempio si squarciò", solo il velo, che era la tenda dietro la quale era presente il Santo dei Santi (Dio). Quando Gesù muore sulla croce, Dio non è più presente nel tempio, ma ovunque avvenga il SACRIFICIO LITURGICO che diventa il nuovo modo di evocare la presenza di Dio. Quando Gesù ribalta il mercato nel tempio (guarda caso il Vangelo della 3^ domenica di Quaresima), non lo fa perché in Chiesa non bisogna fare casino, lo fa perché con il suo avvento quel modo di pregare non servirà più, non sarà più quello! Giovanni nel suo Vangelo dice infatti "<<Distruggete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni>> parlava infatti del tempio del suo corpo". Quale sarà quindi il nuovo modo per invocare la presenza di Dio? La Liturgia eucaristica, cioè la frazione del pane e il versare del vino.
Ultima cos a interessante partendo dal film è la scena in cui il sudario di Gesù si affloscia, evoca ancora il Vangelo di Giovanni che dice che il sudario non era "in terra con le bende, ma stava da un parte, piegato", dove quel piegato è una vecchia traduzione imprecisa dal termine greco che significa appunto "ripiegato su se stesso, afflosciato su se stesso", come se il corpo che conteneva fosse mancato improvvisamente e il sudario si fosse svuotato senza svolgersi. Il film di Gibson prende largo spunto dallo studio della Sindone, il Gesù di The Passion subisce le stesse ferite, contusioni e lacerazioni subite dall'uomo della Sindone. La Sindone non è verità di fede, ma rimane un riferimento molto interessante, la educatrice invita i giovani a osservare con attenzione la bella stampa che durante la Quaresima è stata esposta in fondo alla Chiesa.

Questioni finali:

Uno dei giovani chiede all'educatrice se il film è un riferimento autorevole, l'educatrice risponde che ci sono delle evidenti esagerazione e diverse inesattezze, tuttavia è uno strumento interessante per cogliere alcuni significati. Anche lo studio su alcuni personaggi sono particolarmente belli, Maria è un personaggio splendido del film, ma anche lo stesso Gesù è ben reso, per non parlare dell'inquietante diavolo.

Preghiera:

Si rilegge la Lettera di San Paolo ai Corinzi.

Alla luce di quanto letto San Paolo non aveva tutti i torti ad essere severo, per due motivi:
- il SACRIFICIO compiuto da Gesù è una cosa a cui prestare attenzione, quella sofferenza subita per noi non può renderci indifferenti davanti al banchetto eucaristico;
- sopratutto se non riusciamo a cogliere che nel pane e nel vino c'è la presenza santificante di Gesù, non riusciamo a vedere la salvezza e ad usare il corpo e sangue di Gesù come strumento che ci libera dalla morte e dal peccato e per questa non consapevolezza ci condanniamo, perché non cogliamo la salvezza preparata per noi, Gesù/Dio ci lascia liberi anche di scegliere di non salvarci.
Per questo San Paolo non è tanto bacchettone, ma ci spiega chiaramente come stanno le cose.

Gesto: spezzare il pane e bere il vino. La educatrice non aveva il pane in casa, ma aveva solo un po' di vino per cucinare. Gesù ha saputo trovare segni facili da reperire (pane e vino) presenti addirittura nella sfornita casa dell'educatrice. Si assaggia il vino per evocare il sapore, il gusto di questa scelta divina di esserci vicino.

Preghiera Comunitaria
La tua, la mia messa
Quando soffro e il mio soffrire è tale
 che mi impedisce ogni attività,
 mi ricordo della messa.

Tu nella messa, Signore Gesù,
 oggi come allora,
 non lavori, non predichi:
t i sacrifichi per amore.

Nella vita si possono fare tante cose, 
dire tante parole,
 ma la voce del dolore,
 del dolore offerto per amore,
 è la parola più forte, 
quella che ferisce il cielo.

Quando soffro, 
immergo il mio dolore nel tuo: 
dico la mia messa;
 e lascio scorrere la mia sofferenza
a beneficio dell'umanità:
 come hai fatto tu, mio Signore!
Chiara Lubich

Canto: Piccolo pane bianco
Quella sera Signore già pensavi a me,
follia dell’amore di un Dio che si fa pane;
quella sera Signore ero insieme a Te,
dovevi morire, ma Tu pensavi a me, Signore
credo e adoro te Signore
io credo che tu sei lì presente
in quel piccolo pane bianco per me!

Ed eccomi Signore a contemplarti,
Tu Dio in questo pane, frammento d’infinito!
Ed eccomi Signore ad adorarti,
Tu Dio sei l’immenso ti fai piccolo per me, Signore
credo a te che ti nascondi nel mio cuore,
a te che sei presente
in quel piccolo pane bianco per me!

E’ bello stare qui per me Signore,
presenza silenziosa, che sai di me ogni cosa!
Io dono a Te Signore la mia vita,
per Te è il mio amore, le mani, gli occhi e il cuore, sì io
credo a te che vivi in me, Signore
credo a te che sei presente
in quel piccolo pane bianco per me!  

Ed anche nella notte del mio cuore,
quando la mia mente non ti sa più pensare,
quando io non sento che ci sei, a Te
io grido ancora con la forza dell’amore, sì io
credo che oltre la mia notte
tu ci sei e sempre sei presente
in quel piccolo pane bianco per me!

Credo che oltre la mia notte
Tu ci sei e sempre sei presente
In quel piccolo pane bianco per me!

Nel mondo io con gioia andrò
E piccolo pane bianco sarò!