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lunedì 23 febbraio 2015

9 febbraio 2015 - A Memoria!

Avevo chiesto a tutti i giovani partecipanti di pensare a un ricordo qualsiasi, ma che potesse essere raccontato/narrato ad altre persone.
Arrivata nella stanza ho preparato le sedie e i tavoli e ho accesso dell'incenso nella stanza in modo che il luogo avesse un buon profumo.
Arrivati abbiamo cominciato con la preghiera per la quale non avevo preparato un foglietto come al solito. Dopo il canto “Come fuoco vivo” che si sa ormai a memoria, ho chiesto di prestare attenzione al brano del vangelo che avevo scelto. Dovevano ascoltarlo e ricordarlo dopo l'attività.

Vangelo di Luca (Lc 24, 1-12)
Il primo giorno della settimana, al mattino presto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. 
Mentre si domandavano che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno". Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria Maddalena, Giovanna e Maria madre di Giacomo. Anche le altre, che erano con loro, raccontavano queste cose agli apostoli. Quelle parole parvero a loro come un vaneggiamento e non credevano ad esse. Pietro tuttavia si alzò, corse al sepolcro e, chinatosi, vide soltanto i teli. E tornò indietro, pieno di stupore per l'accaduto. 

Abbiamo diviso a sorte il gruppo in 3 gruppetti.

Ogni componente del gruppo #1 avrebbe dovuto raccontare il proprio ricordo, servendosi di un supporto visivo (mimo, immagini, oggetti scenici).

Ogni componente del gruppo #3 avrebbe dovuto raccontare il proprio ricordo, cercando di coinvolgere gli ascoltatori, attivandoli e facendoli muovere o dire o fare qualcosa di inerente al proprio ricordo.

Il gruppo #2 era formato da un solo componente (volutamente ovvio!). Questa persona ha dovuto scegliere tra i presenti, qualcuno che ritenesse particolarmente appropriato per raccontare il suo ricordo. Di conseguenza colui (in questo caso “colei”) avrebbe dovuto raccontare il ricordo della persona scelta.

Ho lasciato un po' di tempo e spazio in modo che ognuno si organizasse al meglio e soprattuto in modo che le 2 giovani del gruppo #2 avessero tempo di raccontare il proprio ricordo.

Ora ogni componente ha seguito le indicazioni. Il gruppo #1 con molti gesti, ma anche con disegni e cartelli. Un componente del gruppo #2 ha deciso di raccontare il ricordo non suo in prima persona, mentre l'altro componente l'ha raccontato in terza persona. 

Il terzo gruppo ha cercato di coinvolgere gli ascoltatori o facendo dire cose, o facendo fare gesti, oppure in un caso facendo proprio interpretare il racconto, mentre il narratore dava le direttive su cosa fare.

Il tema dei ricordi scelti sono stati: un viaggio e la visita di un luogo fantastico, una giornata intesa e particolare dalla mattina scolastica alla sera con il gruppo, le amiche e i giochi dell'infanzia, il matrimonio della propria sorella, un grave incidente, una visita con varie sfortune ma con una rivelazione mistica, una gita e la visita in un luogo magnifico, due momenti che hanno cambiato la vita.

Infine ho distribuito una listarella di carta ciascuno in cui avevo precedentemente impresso un profumo o un odore particolari. Ho spiegato che l'olfatto è il senso della memoria e che molti ricordi affiorano, quando lo si sollecita. Ho chiesto a ciascuno dei presenti di dirmi che ricordo suscitava il profumo. Tutti hanno saputo evocare un momento piuttosto preciso, alcuni anche molto remoto dell'infanzia.

Quello che volevo fargli esperire era il discorso del RICORDO e della MEMORIA di un evento tramandato a qualcuno. Nella Messa c'è una persona scelta per tramandare il ricordo di un Altro, nella Messa il ricordo viene visualizzato con gesti, immagini e accessori. Nella Messa si invita l'assemblea a partecipare di questo ricordo, tutte condizioni che abbiamo giocosamente attuato durante il gruppo.
Nella Liturgia infatti ciò che si celebra, tra le altre cose, è il RICORDO, la MEMORIA di un evento che ha segnato la storia dell'umanità. Non è ovviamente solo un ricordo, ma questo primo aspetto è fondamentale da tenere presente quando ci si approccia alla Liturgia. 
Il brano del Vangelo scelto per la preghiera racconta della Resurrezione e ho fatto notare come tutti i brani della resurrezione abbiano al centro il ricordo: “Ricordatevi” ammonisce l'angelo alle donne, i discepoli di Emmaus si ricordano, Giovanni capisce ciò che trovano nel sepolcro perché ricorda le parole del Maestro ecc… 
Il ricordo, la memoria non è solo un riportare l'evento passato, ma contiene anche tutta l'elaborazione che personalmente ho fatto su quell'evento particolare. Il ricordo quindi non è l'evento, ma è arricchito dalla mia storia legata a quell'evento. 
Ho affidato ai giovani il compito di vivere le prossime messe ricordando la propria vita con Gesù, cercando di ricordare quando lo hanno incontrato, dove, come. Dio spesso ci parla attraverso il ricordo , facendoci venire in mente della parole importanti, degli avvenimenti, delle persone, “si ricordarono ciò che Egli aveva detto...” è una frase che ricorre nei Vangeli seguenti alla Resurrezione. Non possiamo vivere la fede senza provare a ricordaci questo cammino nella nostra storia con Dio, si può dire che la fede è anche Memoria.

Per concludere la preghiera e l'incontro ho chiesto a ciascuno di citare una preghiera, un versetto di Scrittura, un qualcosa che sentivano importante nella loro vita di fede.
Quindi abbiamo concluso l'incontro.

21 gennaio 2015 - Ridare dignità a...

Incontro assai particolare perché è stato vissuto con il gruppo ACG di Sale. Tema sempre il messaggio di Papa Francesco per la pace.

Abbiamo cominciato con un simpatico giro di nomi, visto che eravamo in un po' e non ci conoscevamo tutti, seguita da un'emozionante partitella a Olmo (chi non sa cosa sia si faccia avanti e chieda delucidazioni commentando qui sotto… XD).

Quando la saggia edu M. ha notato che i posti si erano ben mescolati tra appartenenti di gruppi diversi, si è dato avvio all'incontro vero e proprio.

Abbiamo dato un post-it a ciascuno chiedendo di scrivere la prima parola che venisse in mente pensando alla DIGNITÀ: #il giusto valore di una persona, uomo, diritto universale, persona (x4), vita, valore (x3), rispetto (x3), libertà, tutti, correttezza, diritti, essere umano, serata, impegno, valore, immagine, personalità, vita, riconoscimento, solidarietà, lavoro, fratelli.



È seguita la preghiera:

“Dal messaggio del Papa per la 48 Giornata della Pace: NON PIU’ SCHIAVI MA FRATELLI”… Essendo l’uomo un essere relazionale, destinato a realizzarsi nel contesto di rapporti interpersonali ispirati a giustizia e carità, è fondamentale per il suo sviluppo che siano riconosciute e rispettate la sua dignità, libertà e autonomia. Purtroppo, la sempre diffusa piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo ferisce gravemente la vita di comunione e la vocazione a tessere relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità. Tale abominevole fenomeno, che conduce a calpestare i diritti fondamentali dell’altro e ad annientarne la libertà e dignità, assume molteplici forme ….sulle quali desidero brevemente riflettere, affinché, alla luce della Parola di Dio, possiamo considerare tutti gli uomini “non più schiavi, ma fratelli”.
In quanto fratelli e sorelle,  tutte le persone sono per natura in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la fraternità costituisce la rete di relazioni fondamentali per la costruzione della famiglia umana creata da Dio, ma purtroppo  esiste la realtà negativa del peccato, che più volte interrompe la fraternità creaturale e continuamente deforma la bellezza e la nobiltà dell’essere fratelli e sorelle della stessa famiglia umana.
 I molteplici volti della schiavitù ieri e oggi
Malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù.
Penso a tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario, tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore.
Penso anche alle condizioni di vita di molti migranti che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente. Penso a quelli tra di loro che, giunti a destinazione dopo un viaggio durissimo e dominato dalla paura e dall’insicurezza, sono detenuti in condizioni a volte disumane. Penso a quelli tra loro che le diverse circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne … Sì, penso al “lavoro schiavo”.
Penso alle persone costrette a prostituirsi, tra cui ci sono molti minori, ed alle schiave e agli schiavi sessuali; alle donne forzate a sposarsi, a quelle vendute in vista del matrimonio o a quelle trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito senza che abbiano il diritto di dare o non dare il proprio consenso.
Non posso non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale.
Penso infine a tutti coloro che vengono rapiti e tenuti in cattività da gruppi terroristici, asserviti ai loro scopi come combattenti o, soprattutto per quanto riguarda le ragazze e le donne, come schiave sessuali. Tanti di loro spariscono, alcuni vengono venduti più volte, seviziati, mutilati, o uccisi.
Alcune cause profonde della schiavitù
Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto. Quando il peccato corrompe il cuore dell’uomo e lo allontana dal suo Creatore e dai suoi simili, questi ultimi non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti. La persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio, con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene privata della libertà, mercificata, ridotta a proprietà di qualcuno; viene trattata come un mezzo e non come un fine.
Anche la corruzione di coloro che sono disposti a tutto per arricchirsi va annoverata tra le cause della schiavitù. «Questo succede quando al centro di un sistema economico c’è il dio denaro e non l’uomo, la persona umana
Altre cause della schiavitù sono i conflitti armati, le violenze, la criminalità e il terrorismo. Numerose persone vengono rapite per essere vendute, oppure arruolate come combattenti, oppure sfruttate sessualmente, mentre altre si trovano costrette a emigrare, lasciando tutto ciò che possiedono: terra, casa, proprietà, e anche i familiari. Queste ultime sono spinte a cercare un’alternativa a tali condizioni terribili anche a rischio della propria dignità e sopravvivenza, rischiando di entrare, in tal modo, in quel circolo vizioso che le rende preda della miseria, della corruzione e delle loro perniciose conseguenze.
Un impegno comune per sconfiggere la schiavitù
Gli Stati dovrebbero vigilare affinché le proprie legislazioni nazionali sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento del lavoro siano realmente rispettose della dignità della persona. Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità. E’ necessario anche che venga riconosciuto il ruolo della donna nella società, operando anche sul piano culturale e della comunicazione per ottenere i risultati sperati.
Le organizzazioni intergovernative, conformemente al principio di sussidiarietà, sono chiamate ad attuare iniziative coordinate per combattere le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono la tratta delle persone umane ed il traffico illegale dei migranti
Le imprese, hanno il dovere di garantire ai loro impiegati condizioni di lavoro dignitose e stipendi adeguati, ma anche di vigilare affinché forme di asservimento o traffico di persone umane non abbiano luogo nelle catene di distribuzione.
Alla responsabilità sociale dell’impresa si accompagna poi la responsabilità sociale del consumatore. Infatti, ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico».
Globalizzare la fraternità, non la schiavitù né l’indifferenza
Desidero invitare ciascuno, nel proprio ruolo e nelle proprie responsabilità particolari, a operare gesti di fraternità nei confronti di coloro che sono tenuti in stato di asservimento. Chiediamoci come noi, in quanto comunità o in quanto singoli, ci sentiamo interpellati quando, nella quotidianità, incontriamo o abbiamo a che fare con persone che potrebbero essere vittime del traffico di esseri umani, o quando dobbiamo scegliere se acquistare prodotti che potrebbero ragionevolmente essere stati realizzati attraverso lo sfruttamento di altre persone. Alcuni di noi, per indifferenza, o perché distratti dalle preoccupazioni quotidiane, o per ragioni economiche, chiudono un occhio. Altri, invece, scelgono di fare qualcosa di positivo, di impegnarsi nelle associazioni della società civile o di compiere piccoli gesti quotidiani – questi gesti hanno tanto valore! – come rivolgere una parola, un saluto, un “buongiorno” o un sorriso, che non ci costano niente ma che possono dare speranza, aprire strade, cambiare la vita ad una persona che vive nell’invisibilità, e anche cambiare la nostra vita nel confronto con questa realtà.
Dobbiamo riconoscere che siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenze di una sola comunità o nazione. Per sconfiggerlo, occorre una mobilitazione di dimensioni comparabili a quelle del fenomeno stesso. Per questo motivo lancio un pressante appello a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti coloro che, da vicino o da lontano, anche ai più alti livelli delle istituzioni, sono testimoni della piaga della schiavitù contemporanea, di non rendersi complici di questo male, di non voltare lo sguardo di fronte alle sofferenze dei loro fratelli e sorelle in umanità, privati della libertà e della dignità, ma di avere il coraggio di toccare la carne sofferente di Cristo, che si rende visibile attraverso i volti innumerevoli di coloro che Egli stesso chiama «questi miei fratelli più piccoli» (Mt 25,40.45).
Sappiamo che Dio chiederà a ciascuno di noi: “Che cosa hai fatto del tuo fratello?” (cfr Gen 4,9-10). La globalizzazione dell’indifferenza, che oggi pesa sulle vite di tante sorelle e di tanti fratelli, chiede a tutti noi di farci artefici di una globalizzazione della solidarietà e della fraternità, che possa ridare loro la speranza e far loro riprendere con coraggio il cammino attraverso i problemi del nostro tempo e le prospettive nuove che esso porta con sé e che Dio pone nelle nostre mani.
Dal Vaticano, 8 dicembre 2014                                                           FRANCISCUS 
Signore insegnaci 
(Raoul Follerau)
Signore insegnaci
a non amare noi stessi, a non amare soltanto i nostri, 
a non amare soltanto quelli che amiamo. 
Insegnaci a pensare agli altri
ed amare in primo luogo 
quelli che nessuno ama.
 Signore, facci soffrire
 della sofferenza altrui.
 Facci la grazia di capire
 che ad ogni istante, 
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
 protetta da Te, 
ci sono milioni di esseri umani,
 che sono pure tuoi figli e nostri fratelli, 
che muoiono di fame
 senza aver meritato di morire di fame, 
che muoiono di freddo 
senza aver meritato di morire di freddo.
 Signore, abbi pietà
di tutti i poveri del mondo. 
E perdona a noi di averli,
 per una irragionevole paura, abbandonati,
 e non permettere più, Signore, 
che noi viviamo felici da soli.
 Facci sentire l'angoscia
 della miseria universale,
 e liberaci da noi stessi.
 Così sia.

Con le parole del Papa nella testa e nel cuore, ci siamo divisi in gruppetti di 2/3 persone e ogni gruppetto doveva trovare il modo di togliere schiavitù e ridare dignità a:
- tempo
- spiritualità
- valori e tradizioni
- parole
- territorio
- corpo
- scelte

Tutti i gruppetti hanno tratto delle riflessioni molto interessanti, di cui riportiamo qui immagine dei cartelloni.

Ridare dignità al tempo

Ridare dignità ai valori e alla tradizioni --> Domanda difficile: perché dove c'è poca istruzione le tradizioni sono fondamentali, mentre dove ve ne è di più le tradizioni vengono abbandonate?


Ridare dignità alle parole

Ridare dignità al corpo: se barcolla uno dei bicchieri, l'impianto non si regge più...

Ridare dignità al territorio: Nazione

Ridare dignità al territorio: Provincia

Ridare dignità alla spiritualità


Infine il gruppetto educatori, ha improvvisato 3 situazioni in cui alcune scelte portavano all'illegalità e quindi ad alimentare la criminalità organizzata (Mafia). Le tre situazioni erano: una riparazione di un elettrodomestico senza fattura, un'assunzione per un numero di ore inferiori alle effettive, una situazione di turismo che sfrutta lavoro. 
Si è conclusa con una presentazione (fallimentare per via dell'apparato tecnologico) dell'Associazione LIBERA, che è l'associazione che l'AC diocesana ha scelto come percorso per l'iniziativa di solidarietà triennale. 
Ecco i video e il documento di presentazione, che non siamo riusciti a vedere…

 


L'incontro è piaciuto molto, per i temi che hanno colpito molto i ragazzi, per la questione della Mafia, di cui si sono dichiarati poco consapevoli e dell'opportunità di dialogare con un gruppo più allargato di questioni "importanti"...